Esclusiva, Tonelli: “Poca navigazione alla Dakar, ma organizzarla è disumano”

Esclusiva, Tonelli: “Poca navigazione alla Dakar, ma organizzarla è disumano”

Appena 24enne, il pilota toscano ha esaudito uno dei suoi sogni di quando era bambino, tra le dune dell'Arabia Saudita. Ecco come ce l'ha raccontata

20.01.2022 ( Aggiornata il 20.01.2022 17:48 )

Tra i partecipanti italiani alla Dakar 2022 c'era anche Leonardo Tonelli, anni 24, dall'inconfondibile accento toscano, venuto su a pane e videocassette del rally più famoso di sempre. Con il team ADR AFRICA DREAM RACING è riuscito a realizzare il suo sogno, non senza intoppi, ma godendosi l'esperienza al 100% tanto che con la mente deve ancora tornare in Italia.

Leonardo, com’è andata?

"Nel complesso bene, ho fatto una bellissima esperienza e ho coronato uno dei miei sogni. La Dakar mi affascinava da quando ero piccolino. È stato bello portarlo comunque a termine. Ho un po’ l’amaro in bocca perché sarebbe stato bello riuscire a completare tutte le giornate. Purtroppo ho avuto un problema alla moto, con la pompa della benzina posteriore, il primo giorno e mi ha costretto a perdere quella giornata più altre due perché non mi hanno consegnato la moto. Un gran peccato".

La Dakar ha atteso o deluso le tue aspettative?

"Ha confermato diverse cose, una su tutte la sua enormità. È assurdo perché è tutto grande, le strade sono enormi così come le distanze, il deserto è bellissimo a perdita d’occhio. Mi ha sorpreso su alcuni aspetti: la macchina organizzativa è veramente impegnativa, lo spostamento delle persone, la logistica e tutte le cose sono pazzesche. Riuscire a organizzarla è qualcosa di disumano. Da un altro punto di vista è stato un peccato perché non è più l’avventura che era prima, di riuscire a vivere l’avventura, ma è più una competizione . Cioè andare veloce da un punto A a un punto B e tutto è programmato e creato per farti avere il massimo della performance. Anche fra piloti si è un po’ perso quello che era lo spirito, tipo fermarsi e aiutarsi".

Lo sfogo di Internò: “Non è più in Africa, ma la Dakar è ancora stupenda”

Visualizza questo post su Instagram

Un post condiviso da Leonardo Tonelli (@leotonellii)

Com’è stato guidare per così tante ore?

"Avevo fatto gare di una discreta lunghezza nel campionato del mondo Rally, l’Europeo, ma mai così lunghe. È estenuante, ti consuma. Più che altro a livello mentale. Le prove speciali non sono così complicate a livello tecnico, a meno che non ci siano le dune soffici. I tempi sono molto lunghi. Devi essere molto preparato di mente".

Punti a partecipare anche nel 2023?

"Assolutamente sì. Già dal primo giorno, quando mi si è rotta la moto, ho pensato: ‘Il prossimo anno devo tornare più forte di prima’. Ho imparato tante cose, ho capito un po’ cosa mi può servire, cosa non mi è servito, cosa cambiare nell’allenamento".

A livello di pilota qual è stato l’insegnamento più grande della Dakar?

"Non dare niente per scontato, proprio nulla. Nell’abbigliamento, la qualità di determinate cose è fondamentale. Anche il modo in cui viene caricato il furgone che fa da assistenza è più che fondamentale. La qualità del gazebo, come dorme il meccanico, tutto".

Qual è un momento divertente che ti porti dietro?

"Si dice che nella Dakar sono più i momenti in cui soffri che quelli in cui ti diverti. Io dico, tralasciando i primi momenti critici, dopo mi sono proprio divertito alla guida. Quello più divertente è stato intorno alla tappa 9 quando mi siamo ritrovato con altri quattro piloti sulla stessa speciale e abbiamo fatto circa 280 km tutti insieme, è stato fotonico. Con alcuni sono riuscito a stringere un bel rapporto".

Chi sono quelli con cui più hai condiviso l’esperienza?

"Partivo sempre più o meno vicino a Giovanni Gritti (qui il suo racconto). È una persona che conoscono molto bene perché ho fatto con lui diverse gare di campionato italiano, e mi sono trovato bene. E poi con due personaggi veramente fortissimi, che già conoscevo e con cui avevo condiviso il mio primo Rally in Africa nel 2019 Mike Wiedemann e Charlie Herbst. In più ho scoperto che ci sono piloti veramente di grande caratura a livello caratteriale, tra cui Ross Branch, Toby Price, lo stesso Sunderland e Walkner. Piloti disposti a farsi una foto o a parlare anche con noi che non siamo piloti professionisti come loro. Per contro, c’erano anche tanti piloti che si credono di essere il Valentino Rossi della situazione".

Dakar, il fisioterapista di Picco racconta: "In moto è ancora un ragazzino"

La prestazione di Danilo Petrucci come la commenti?

"Danilo l’avevo conosciuto l’anno scorso nella gara di campionato italiano in Sardegna. È un bravo ragazzo, veramente forte. A livello di velocità si sapeva che lui poteva fare bene. È una gara dove la velocità fa tanto la differenza. Non mi ha sorpreso nemmeno così tanto, anche per il team ufficiale con cui l’ha preparata, oltre a essere già molto dotato. Non mi aspettavo però la sua vittoria di tappa".

Quale difetto hai trovato alla Dakar?

"Lo smacco è stata la poca navigazione. In alcuni momenti qualche nota un po’ più impegnativa ci poteva stare. A volte ci complicavano la vita per niente e altri quando si poteva mettere qualcosa di più sul serio non l’hanno fatto".

A 3 anni guardavi le videocassette della Dakar, oggi che effetto ti fa averla portata a termine?

"E' abbastanza scioccante. Credo di non essermene ancora reso conto. È un po’ difficile ancora da assimilare. Vedere il numero stampato sulla moto e considerare che l'ho corsa io, è tanta roba. Ho sempre ammirato chi l’ha svolta, riuscire ad arrivarci è stato veramente assurdo. Poi piano piano me ne renderò conto..."

Lo sfogo di Internò: "Non è più in Africa, ma la Dakar è ancora stupenda"

  • Link copiato

Commenti

Leggi motosprint su tutti i tuoi dispositivi