Guzzi 350 “mono”, l’incubo degli inglesi

Guzzi 350 “mono”, l’incubo degli inglesi

La moto lombarda cancellò il predominio britannico poi seppe rispondere agli attacchi di MV e Gilera

23.08.2019 09:48

Esiste un test, una specie di giochetto, che tutti noi almeno una volta abbiamo fatto: consiste nell’ascoltare un nome e collegarlo immediatamente alla prima parola che ci viene in mente. Se dicessimo per esempio “Moto Guzzi”, la replica istantanea nella maggior parte dei casi sarebbe “8 cilindri da Gran Premio” oppure “V7”.
Si tratta infatti di un giochetto che qualcuno prende sul serio per analisi più complesse, ma la sua superficialità gli toglie, relativamente all’argomento specifico della domanda, qualsiasi testimonianza di verità, se la conclusione che se ne trae è che la risposta identifica il collegamento più importante con la domanda. 
Mi spiego meglio: non c’è dubbio che la V8 GP o la V7 stradale siano stati due capisaldi della storia della Moto Guzzi. Per questo motivo la loro popolarità è elevatissima fra gli appassionati di moto e giustifica il risultato del test. Però è altrettanto certo che nella storia della Casa di Mandello i principali protagonisti non sono stati certamente né la V8 GP né la V7. 

SPORT 125 - A mio parere questo ruolo spetta, fra le moto stradali, alla Sport 15, la Guzzi più venduta fra le due guerre, innovativa, solida, sportiva e raffinata e fra quelle da corsa alla 500 bicilindrica a 120°, la moto che per prima impose la supremazia della tecnica motociclistica italiana nelle più prestigiose competizioni internazionali. Ma al primo posto metterei la 350 monocilindrica che nel secondo Dopoguerra decretò la fine dell’imbattibilità delle moto inglesi in questa cilindrata. 
Il motivo è semplice: fu un autentico capolavoro di semplicità ed efficienza, l’ultima monocilindrica ad aver battuto le quattro cilindri che rappresentavano il vertice assoluto della tecnica motociclistica da Gran Premio e che avevano già costretto alla resa le ostinatissime “mono” inglesi, considerate insuperabili nel loro schema. 
La 350 era feudo inglese da sempre e la Moto Guzzi non aveva mai preso in considerazione questa cilindrata negli anni Venti e Trenta, quando con la 250 e la 500 si era fatta largo a suon di vittorie in Italia e all’estero. 

350 NATA DAL GAMBALUNGHINO - La prima Guzzi 350 da corsa fece la sua comparsa nel 1950. Su un telaio del Gambalunghino, la 250 con cui Bruno Ruffo aveva vinto nel 1949 il titolo mondiale, venne montato un monocilindrico orizzontale di 350 cm³ (78x73 mm = 348,8 cm³) con distribuzione bialbero a coppie coniche con quattro molle a spillo, montate con schema a croce, per ciascuna delle due valvole, accensione a magnete e cambio a cinque rapporti. La moto debuttò quell’anno sul circuito internazionale di Mettet, in Belgio dove, guidata da Enrico Lorenzetti, tenne il secondo posto sino al penultimo giro, quando fu costretta al ritiro dalla rottura di un tubo dell’olio. Misteriosamente, dopo l’esordio positivo, questo prototipo fu messo da parte e sostituito, in occasione del Tourist Trophy, da una 320 cm³ che non era altro che una Gambalunghino maggiorata. Portata in gara dal campione inglese Maurice Cann, dopo una gara incolore fu fermata dalla rottura di una valvola. 

RINATA PER IL MONDIALE - Fu molto probabilmente questa moto che nel 1953 venne riesumata in seguito alla decisione della Moto Guzzi di partecipare ufficialmente al Mondiale della classe 350. 
Battere le tre marche inglesi, Velocette, Norton e AJS, che da decenni detenevano il monopolio di questa cilindrata, non si prospettava impresa facile, ma sfide come questa esaltavano la voglia di vincere della Casa di Mandello. 
La Guzzi 350 del 1953 fu dunque una Gambalunghino con il motore in versione monoalbero maggiorato a 317 cm³ (72x79 mm), un “corsa lunga” che erogava 31 CV a 7700 giri ed era montato sul telaio più recente, avvolto da una carenatura a becco d’uccello messa a punto nella galleria del vento di cui l’industria italiana si era dotata, per prima al mondo fra le Case motociclistiche, già nel 1950. 
Ancora inferiore per potenza, rispetto alle inglesi, ma nettamente superiore per aerodinamica, questa Guzzi 350 debuttò vittoriosamente nel GP internazionale a Hockenheim, quindi si piazzò al terzo posto al Tourist Trophy. Certo di aver imboccato la strada giusta, l’ingegner Giulio Cesare Carcano, progettista e direttore tecnico del reparto corse di Mandello, presentò nel corso della stessa stagione la nuova versione. 
Il motore venne completamente rifatto con alesaggio e corsa di 75x78 mm, poi di 75x79 mm per una cilindrata piena di 349 cm³; alimentato da un carburatore da 35 mm, erogava la potenza di 33 CV a 7500 giri. In questa configurazione, la 350 di Mandello divenne invincibile: il Mondiale se lo giocarono in esclusiva Fergus Anderson, che lo conquistò con tre vittorie, ed Enrico Lorenzetti, che gli si piazzò alle spalle nella graduatoria finale con due vittorie. Addirittura nel GP conclusivo, in Spagna sul circuito del Montjuic, Anderson con la 350 corse nella 500 e si impose clamorosamente sulle quattro cilindri di Carlo Bandirola (MV) e Dickie Dale (Gilera). 

ESORDIO DELLA BIALBERO - Nel 1954 esordì la 350 bialbero, sempre monocilindrica, ma con misure della cilindrata passate da corsa lunga a corsa corta: 80x69,5 mm; la potenza salì a 35 CV a 7800 giri. Venne dotata di carenatura anteriore e posteriore, di un nuovo telaio e di un serbatoio del carburante a barilotto posto sotto il finto serbatoio, che fungeva soltanto da appoggio per il pilota. 
Nonostante la coriacea resistenza delle monocilindriche e dei piloti britannici, Fergus Anderson nel 1954 si confermò campione del Mondo con quattro vittorie e un secondo posto (in Belgio, dove vinse Ken Kavanagh anch’egli su Guzzi 350) su nove gare. Norton e AJS riuscirono a imporsi in due gare a testa, ma per l’industria inglese fu una durissima sconfitta, preludio alla resa totale. 
La versione 1955 ebbe un doppio serbatoio del carburante (quello classico, più il barilotto sottostante), una carenatura a campana, valvole maggiorate e un incremento di potenza fino a 37 CV a 8000 giri. Ma non ebbe avversari: quell’anno la Guzzi 350 vinse sette corse su sette e Bill Lomas con quattro all’attivo fu il nuovo campione del Mondo. La classifica finale vide quattro Guzzi ai primi cinque posti, intervallate al terzo posto dalla DKW tre cilindri due tempi di August Hobl. La prima moto inglese fu la Norton di John Surtees, al sesto posto. 

INSIDIATA DA MV E GILERA - Dal 1956 la supremazia della Guzzi 350 fu insidiata dalle MV e dalle Gilera quattro cilindri. In quella stagione la portentosa monocilindrica di Mandello, aggiornata con un nuovo telaio, resistette gagliardamente; Lomas si confermò campione del Mondo e la Guzzi si impose in quattro Gran Premi su sei, lasciando gli altri due, uno ciascuno a MV e Gilera. In previsione di un attacco ancor più determinato da parte di moto che potevano contare su un vantaggio di potenza di 10-12 CV (circa il 30% in più…) la Guzzi 350 subì una certosina cura di alleggerimento che portò a un risultato strabiliante: 98 kg a secco, contro 145 della Gilera quattro cilindri, la più competitiva delle avversarie. 
Il capolavoro dell’ingegner Carcano e dei suoi bravissimi collaboratori del reparto corse di Mandello fruttò al pilota ufficiale Keith Campbell tre vittorie e il titolo mondiale piloti. La Gilera strappò alla rivale il titolo Marche, grazie alle due vittorie di Bob McIntyre e quella di Libero Liberati, più una serie di piazzamenti eccellenti. La Guzzi 350 fu comunque l’ultima monocilindrica capace di sopraffare le plurifrazionate di ultima generazione: una ragione più che valida per occupare una posizione preminente nella storia tecnica delle moto da corsa. 

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