Storie Italiane: Giuseppe Fiorillo, Campione nonostante tutto

Storie Italiane: Giuseppe Fiorillo, Campione nonostante tutto

"Non sono nato nella terra dei motori, non avevo sponsor pesanti, eppure mi sono tolto delle soddisfazioni, come l'Europeo 1993"

28.08.2022 ( Aggiornata il 28.08.2022 20:11 )

Motociclismo d'altri tempi


A fine stagione l’esperienza iridata terminò definitivamente, così per Fiorillo arrivò il momento di passare alle derivate di serie: Accettai di partecipare al mondiale Supersport. Fu un trauma per me, perché mi ritrovai a passare da una moto di 100 kg e 95 cavalli a un’altra che pesava almeno il doppio e con 120 cavalli. Mi tolsi qualche soddisfazione, racimolai dei punti ma non era la mia categoria” è il racconto del salernitano, capace di chiudere settimo ad Albacete nel 1998 e al Nürburgring nel 1999, sempre con la Suzuki.

Arrivarono così i primi anni Duemila, periodo in cui Fiorillo si divise tra le apparizioni nel Trofeo Inverno di Binetto e altre competizioni nazionali, prima di decidere di appendere il casco al chiodo. Almeno per le corse.

Il salernitano divenne collaudatore di Bimota e MV Agusta, decidendo poi di abbandonare definitivamente la moto e dedicarsi al lavoro per l’Andreani Group. “Lavoro qui dal 2003, mi occupo di sospensioni e ammortizzatori, non soltanto in azienda ma anche nei paddock. Come azienda seguiamo i team che partecipano al CIV, offriamo loro materiale e assistenza”.

Le moto fanno ancora parte della vita di Fiorillo, dunque, anche se in forma diversa rispetto a quando era lui a guidarle.

Ma riavvolgendo il nastro dei ricordi, Giuseppe non nasconde un pizzico di amarezza per com’è andata la sua carriera, pur con la consapevolezza di aver fatto il massimo con i mezzi a disposizione: "Se ripenso a tanti piloti dell’epoca, qualcuno ce l’ha fatta, qualcuno no. Ma ricordando i miei inizi, mi sento orgoglioso di quanto realizzato. Ho fatto anche tanto. Ora che vivo nei pressi di Tavullia, vedo i ragazzi della VR46 allenarsi tutti i giorni, qualcosa di inimmaginabile ai miei tempi. Non esisteva la possibilità di andare in moto se non per le gare. Allora come oggi, chi proveniva dalla Romagna era avvantaggiato, per me anche soltanto andare a girare a Vallelunga era un viaggio della speranza”.

Altri tempi, altro motociclismo: “Ricordo ancora le prime trasferte per l’Europeo con furgoni e roulotte: era una sorta di pellegrinaggio (ride), erano necessari tre giorni per arrivare a Jerez. Arrivavi, vedevi la pista e non sapevi nemmeno il senso in cui girare!” racconta divertito Fiorillo. “Ma non finisce qui: potevo allenarmi così poco che, una volta in gara, non riuscivo mai a partire decentemente. Ma cogliere buoni risultati in quel modo fu ancora più soddisfacente”.

L’ex pilota ricorda molto bene gli avversari di quel periodo: “Ho potuto condividere la pista con gente come Biaggi e Rossi. Nel suo libro Max ha raccontato i suoi inizi ricordando quella volta in cui mi vide in pista a Magione, sottolineando che stavo andando forte, è stato bello per me leggere questo suo ricordo. Invece con Valentino ci frequentavamo ai tempi dell’Europeo, dormivamo insieme, poi ognuno ha preso la propria strada. Tempo fa mi invitò a una gara di Motocross a Cavallara, un pensiero che mi fece molto piacere”.

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