Tecnica: Giulio Cesare Carcano, dai militari alle corse

Tecnica: Giulio Cesare Carcano, dai militari alle corse

Milanese, ha legato il suo nome a quello della Moto Guzzi. La sua 500 otto cilindri è entrata nella leggenda come la V7 e le 350 monocilindriche, plurititolate negli anni '50

17.01.2023 ( Aggiornata il 17.01.2023 18:41 )

Una storia nata nel 1936


Nato a Milano nel 1910, Carcano è entrato alla Guzzi nel 1936, due anni dopo la laurea. Per un breve periodo si è dedicato alle moto militari ma ben presto ha cominciato a lavorare su quelle da competizione. Inizialmente si è trattato dei modelli destinati ai piloti privati. Dalla GTCL di serie, una tranquilla 500 con distribuzione ad aste e bilancieri destinata all’uso di tutti i giorni, ha sviluppato il Condor, con motore potenziato (circa 28 cavalli a 5000 giri/min) e peso notevolmente minore.

Con questa moto Nello Pagani si è imposto nell’ultima edizione del circuito del Lario, nel 1939, battendo moto molto più potenti, specificamente progettate per le competizioni. Dopo il conflitto la storia dei monocilindrici ad aste e bilancieri di 500 cm³ è proseguita con il Dondolino (1946- 1951), che si è imposto in numerose gare per i piloti di seconda categoria e ha vinto ben quattro Milano-Taranto. Dal Condor è anche derivato il Gambalunga, destinato ai piloti ufficiali e dotato di una ciclistica nettamente più moderna.

Si è trattato dell’unica mezzo litro da competizione di Mandello con misure caratteristiche diverse da quelle tradizionalmente impiegate dalla Casa (88 x 82 mm), alle quali però si è tornati dopo breve tempo. Anche se ha avuto una carriera agonistica breve, questa moto va ricordata soprattutto per essere stata la prima a impiegare la forcella anteriore a levette oscillanti progettata da Carcano e utilizzata poi con grande successo da tutte le Guzzi da GP.

Lavori in parallelo


Per i modelli di cilindrata inferiore, sui quali il tecnico milanese lavorava parallelamente a quelli di 500 cm³, è andata diversamente. L’Albatros, destinato ai piloti privati, ha fatto la sua comparsa nel 1939 e ha continuato a essere costruito fino al 1949. Il suo motore di 250 cm³ aveva la distribuzione monoalbero, comandata da un alberello e due coppie di ingranaggi conici.

Le molle delle valvole, del tipo a spillo, erano esterne. Le misure caratteristiche erano quadre (68 x 68 mm) e la potenza di una ventina di cavalli a 7000 giri/min. Da questo modello Carcano ha sviluppato nel 1949 il Gambalunghino, destinato ai piloti ufficiali, che disponeva di circa 25 cavalli a 8000 giri/min, ben presto passati a circa 28, imponendosi a livello mondiale con tre titoli iridati. In seguito le attenzioni dell’ingegner Carcano, che dal 1951 è stato messo a capo della progettazione e sviluppo (e quindi del reparto corse) si sono concentrate sulla 350, classe che ha dato alla Guzzi le maggiori soddisfazioni. Qui le idee del grande tecnico hanno potuto concretizzarsi con la realizzazione di una serie di monocilindrici assolutamente straordinari, che tra il 1953 e il 1957 hanno conquistato cinque Mondiali piloti (ovvero tutti quelli a disposizione!).

Nella prima stagione il motore, derivato dal 250, aveva la distribuzione monoalbero. In seguito però si è passati a quella bialbero e il motore è stato riprogettato, mantenendo comunque lo schema iniziale e le soluzioni care a Carcano. In questo caso l’obiettivo era quello di realizzare una moto leggera e facile da guidare, con un ampio campo di utilizzazione e dotata non soltanto di una ridotta sezione frontale ma anche di un’eccellente aerodinamica. Dal 1950 la Guzzi disponeva, unica Casa motociclistica del Mondo, di una galleria del vento, che ha utilizzato adeguatamente. Dopo un anno in cui ha adottato una carenatura a “becco d’uccello”, nel 1954 ha dotato le sue moto di un’efficace carenatura a campana, realizzata in lamierino di magnesio.

Il peso ridotto derivava dalla grande semplicità meccanica, che contribuiva anche ad assicurare un’eccellente affidabilità, ancora di più rispetto all’esteso impiego di materiali leggeri. Non c’era un particolare che non venisse analizzato e sviluppato proprio in quest’ottica.

Le molle delle valvole singole invece che doppie e l’adozione di un cilindro con canna cromata invece che riportata in ghisa, soluzioni apportate verso il termine della evoluzione, si spiegano principalmente in quest’ottica. La versione del 1957 erogava 38 cavalli (un bel po’ meno di quelli delle concorrenti, sonoramente battute nel Mondiale) ma pesava soltanto 98 kg! In tutte queste monocilindriche il cambio aveva la presa diretta e l’albero a gomito girava all’indietro.

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