L'evoluzione del motore a due tempi | Tecnica

L'evoluzione del motore a due tempi | Tecnica

Un intenso lavoro di sviluppo ha consentito di trasformarli in dominatori indiscussi delle competizioni di Velocità

23.02.2023 ( Aggiornata il 23.02.2023 10:18 )

Un'evoluzione fermata dai regolamenti


L’esigenza di avere importanti sezioni di passaggio porta i margini delle prime due luci laterali (destra e sinistra) a essere molto vicini a quelli della luce di scarico. Per evitare una parziale cortocircuitazione, con fuoriuscita direttamente allo scarico di parte della carica fresca, viene raccomandata una distanza di almeno 9 mm tra i margini in questione. Da ogni luce di travaso esce un “getto” di miscela fresca con un certo orientamento.

I vari getti tendono a unirsi e a risalire la parete opposta allo scarico mantenendosi aderenti a essa.

Si ottiene così una corrente più compatta che avanza spingendo davanti a sé i gas combusti, cosa vantaggiosa ai fini del lavaggio e della riduzione delle perdite per miscelazione e per cortocircuitazione. Se il lavaggio fosse perfetto tali perdite non avverrebbero, ma come al solito la teoria non coincide con la realtà… A causa del movimento del pistone, l’altezza delle luci varia di continuo, cosa che in certa misura influenza la direzione dei getti che escono da esse, oltre al coefficiente di efflusso.

Insomma, i due tempi sono semplici dal punto di vista meccanico ma eccezionalmente complessi sotto l’aspetto fluidodinamico.

La loro evoluzione nel campo delle moto da competizione è terminata quando i nuovi regolamenti tecnici li hanno fatti uscire di scena. Nei primi anni Duemila tali motori sono arrivati a erogare circa 420 CV/litro, con una cilindrata unitaria di 125 cm3. 

La pressione media effettiva ha superato i 14 bar (valore analogo a quello dei migliori 4T da competizione!) e la potenza specifica areale ha raggiunto i 2,30 CV/cm2 (valore pressoché doppio rispetto a quello delle odierne MotoGP).

Si tratta di risultati assolutamente straordinari.

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