Giri e Gare: la Campania e l'isola che non c'è

Giri e Gare: la Campania e l'isola che non c'è

Tesori d’arte e meraviglie della natura si fondono in questo affascinante viaggio alla scoperta di una Campania sorprendente e fuori rotta

30.05.2021 ( Aggiornata il 30.05.2021 21:33 )

Capo Miseno, punta estrema della penisola Flegrea, è un pittoresco promontorio proteso nel Tirreno, quasi a toccare la vicina Procida. Un’isola mancata, rimasta attaccata alla terraferma come per sbaglio. L’isola che non c’è! È in questo angolo di Campania “fuori rotta” che sorge la suggestiva Casina Vanvitelliana, meraviglia architettonica da cui parte l’itinerario. La Reggia di Caserta, anch’essa legata al nome dei Vanvitelli, dista meno di un’ora. E se quest’ultima non ha bisogno di presentazioni – semplicemente, uno dei palazzi nobiliari più belli d’Europa – la prima, non meno affascinante, è di sicuro meno nota: si tratta di un casino di caccia su un’isoletta al centro del lago Fusaro, nel comune di Bacoli. Gli artefici di tanta bellezza sono due architetti, padre e figlio: Luigi Vanvitelli, geniale capostipite dello stile Neoclassico e “papà” della Reggia di Caserta, e Carlo, che ne seguì le orme.

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In viaggio verso il Parco del Matese


A lui si deve la realizzazione della Casina Vanvitelliana, in stile Liberty, collegata alla terraferma da un lungo ponte di legno, dove negli anni, rapiti dal suo aspetto fiabesco, hanno soggiornato numerosi i personaggi illustri: Mozart, Rossini, lo zar Nicola I, Vittorio Emanuele III, il presidente Einaudi, e tanti altri. Dopo aver visitato questi impareggiabili gioielli d’arte, dalla Reggia di Caserta si prosegue verso le belle curve che raggiungono il Parco del Matese; non prima, però, di aver dedicato una visita al borgo di Sant’Agata de’ Goti, uno dei più affascinanti del Sannio e dell’intera regione.

In provincia di Benevento, nella Valle Caudina, alle falde del Monte Taburno, Sant’Agata sorge aggrappata a un’altura tufacea, circondata da due profondi fossati, in cui scorrono i torrenti Martorano e Riello, affluenti del dell’Isclero. Un contesto naturale unico, in cui l’uomo ha saputo integrarsi nel corso dei secoli; a partire dall’antica Saticula, città sannita, probabile nucleo originario dell’attuale centro, passata attraverso la dominazione dei Romani, dei Goti, dei Longobardi e dei Normanni. Da togliere il fiato, il colpo d’occhio che dal ponte Vittorio Emanuele abbraccia il vallone del torrente Martorano fino alla parte vecchia della città. Soprattutto di sera, con le luci del borgo, a picco sul dirupo, sormontate dalle cupole maiolicate dei campanili. Imperdibile una passeggiata per via Roma, spina dorsale del centro storico, con i portali in pietra, gli antichi palazzi, i portici, i colonnati e tanta atmosfera, cui contribuiscono le preziose botteghe artigiane, e sensazioni d’altri tempi.

Quindi si riparte: lungo la SP331, superata Piedimonte, eccola, finalmente, l’attesa indigestione di curve fino al Parco del Matese, circondato da maestosi massicci calcarei e dolomitici. Dopo una sosta all’omonimo lago (considerato il più alto d’Italia tra quelli di origine carsica), e dopo aver vagabondato alla scoperta degli angoli più pittoreschi del Parco, il consiglio è di sconfinare in Molise attraverso la tortuosa SP106, fino a Campitello Matese. Per poi magari proseguire oltre, così da scoprire che sì, il Molise... esiste, ed è anche bellissimo. Ma questa è un’altra storia!

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