Officina: la propagazione del calore

Officina: la propagazione del calore

Scopriamo il lungo percorso (forzato) che porta il flusso dai gas verso il liquido refrigerante

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28.09.2021 19:20

Nel raffreddamento dei motori vengono utilizzati tutti i possibili modi di trasmettere il calore. Esso passa dai gas ad altissima temperatura alla superficie interna del cilindro principalmente per convezione forzata. Il calore viene poi trasmesso per conduzione attraverso la parete metallica, fino a raggiungere la superficie esterna, lambita dal fluido refrigerante che provvede ad asportarlo nuovamente per convezione forzata. Se il motore è raffreddato ad acqua il calore viene infine ceduto all’aria ambiente nel radiatore, dove ha luogo un ulteriore scambio termico che vede coinvolte la convezione forzata e la conduzione (attraverso le pareti dei tubetti nei quali passa il liquido). Esiste però un terzo “meccanismo” di trasmissione dal calore, del quale si parla poco ma che ha comunque una notevole importanza. Si tratta dell’irraggiamento, con trasmissione dell’energia termica mediante emissione e assorbimento di onde elettromagnetiche. La cessione del calore che ha luogo in questo modo è proporzionale alla temperatura assoluta elevata alla quarta potenza.

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Due fasi diverse


Nell’irraggiamento non è coinvolta alcuna materia liquida o gassosa. Il calore passa da un corpo all’altro senza riscaldare l’aria tra di essi. Il Sole riscalda la terra in questo modo, grazie a onde che si propagano nello spazio vuoto. Nel motore l’irraggiamento entra in gioco in due diverse fasi della trasmissione della energia termica. Innanzitutto contribuisce alla alla cessione di calore alle pareti interne del cilindro. La fiamma è luminosa, la temperatura dei gas molto elevata e spesso durante il processo di combustione si creano, almeno localmente, delle particelle carboniose incandescenti (la cosa è molto più accentuata nei motori diesel). L’irraggiamento interviene anche dall’altro lato del cilindro e della testa, ovvero esternamente, ove il motore ha direttamente a che fare con l’ambiente. I motori raffreddati ad aria lavorano in genere a temperature più alte di quelli ad acqua ed effettivamente hanno perdite di calore per irraggiamento più alte. Qui è importante osservare che grazie alla presenza delle alette la loro superficie di scambio termico è 14-22 volte superiore a quella interna del cilindro ma la superficie radiante è soltanto 2-3 volte più estesa. È l’ingombro esterno totale del motore che conta, in questo caso.

A liquido


Tutti i motori di alte prestazioni sono raffreddati a liquido. Per ragioni di sicurezza nell’impiego agonistico si impiega acqua pura. In caso di caduta rovinosa in questo modo sull’asfalto non finisce un liquido che in una certa misura è scivoloso e non si asciuga rapidamente. Occorre anche osservare che impiegando acqua al posto dell’usuale liquido per circuiti di raffreddamento (contenente fino al 50% di antigelo più minori percentuali di additivi anticorrosione) l’asportazione di calore è un poco più vigorosa e la temperatura di esercizio si abbassa leggermente.

All’interno del motore il liquido refrigerante passa in apposite intercapedini ricavate direttamente di fusione nella testa e nel cilindro. La soluzione classica prevede che per ottenerle si utilizzino anime in sabbia agglutinata che dopo la solidificazione del metallo vengono distrutte. Grazie ad esse si possono realizzare sottosquadri e cavità interne di qualunque forma. Il processo permette dunque di produrre cilindri con struttura closed deck. Di recente oltre a quelle in resina stanno trovando impiego, in qualche caso, anche alcune anime rivestite con materiale ceramico. Nei sistemi di raffreddamento ad acqua il calore compie in effetti due tappe: dal motore al liquido e successivamente da quest’ultimo all’aria (attraverso il radiatore). È per questa ragione che alcuni parlano di raffreddamento indiretto (mentre quello ad aria viene detto diretto). Il radiatore può essere a flusso verticale o a flusso orizzontale, a seconda dei casi (ovvero delle esigenze legate all’ingombro). È costituito da due vaschette di raccolta e distribuzione del liquido, collegate da una matrice di scambio formata da una fitta serie di tubetti a sezione non circolare ma appiattita. Per migliorare lo smaltimento del calore la superficie lambita dall’aria viene aumentata da sottili alette in lamierino di alluminio disposte a zig zag o trasversalmente rispetto ai tubetti. Nei modelli di prestazioni più elevate durante il funzionamento il circuito viene mantenuto in pressione. Ciò consente di aumentare la temperatura di ebollizione del liquido di raffreddamento.

Nelle MotoGP l’acqua a regime lavora ben al di sopra dei 100 °C e ciò consente di contenere la larghezza del radiatore (con ovvi vantaggi aerodinamici); aumenta infatti la differenza tra la temperatura dell’acqua e quella dell’aria ambiente e quindi lo scambio termico risulta più vigoroso. Il termostato è un componente di fondamentale importanza dei circuiti di raffreddamento. Esso consente infatti di ridurre il tempo necessario perché il motore raggiunga la temperatura di regime. Il riscaldamento è più rapido e ciò ha benefici effetti sulle emissioni di scarico, che vengono ridotte, e sulla durata del motore, che aumenta (l’usura infatti è massima alle basse temperature). Inoltre il termostato può contribuire in misura considerevole al controllo termico del motore. Al suo interno un elemento espansibile agisce su di una valvola e inizia ad aprirla soltanto quando il liquido proveniente dal motore raggiunge una certa temperatura, per poi arrivare a completa apertura.

Il fatto che in certe condizioni la valvola possa essere aperta anche soltanto parzialmente agevola il controllo termico del motore. In alcune esecuzioni il termostato svolge questa funzione ancor meglio in quanto dotato di due valvole che gli consentono di regolare accuratamente la miscelazione tra il liquido più caldo e quello più freddo (proveniente dal radiatore) prima di farlo arrivare al motore. E poi esistono anche i termostati a controllo elettronico...

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