Offficina: aste e bilancieri o camme in testa?

Offficina: aste e bilancieri o camme in testa?

La seconda soluzione permette l’adozione di leggi delle alzate più radicali, sinonimo di più prestazioni

15.12.2021 ( Aggiornata il 15.12.2021 20:18 )

Le distribuzioni con uno o due alberi a camme in testa sono nettamente superiori a quelle ad aste e bilancieri sotto praticamente tutti gli aspetti. Le minori masse in moto alterno rendono possibile l’adozione di leggi delle alzate più radicali e il raggiungimento di regimi di rotazione più elevati e la maggiore rigidezza del sistema di comando è essa pure vantaggiosa ai fini delle prestazioni. Tutto questo i tecnici lo sapevano fin dagli albori del motorismo. E infatti nel corso degli anni Venti le distribuzioni mono e bialbero hanno iniziato ad essere impiegate sempre più diffusamente sui motori da competizione. Per le moto di serie però le cose sono andate a lungo diversamente. A ostacolare la diffusione delle distribuzioni di questo genere sono stati fondamentalmente la maggiore complessità realizzativa e il costo notevolmente superiore.

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Dagli anni Cinquanta...


Nonostante questo negli anni Trenta non erano poi tanto pochi i costruttori che alla clientela più sportiva offrivano modelli stradali con distribuzione ad albero a camme in testa (spicca qui la Benelli). Negli anni Cinquanta, quando il motociclismo ha vissuto una autentica epoca d’oro e sono comparse molte moto moderne e di nuova progettazione, specialmente per le loro 175 diverse case hanno pensato di adottare una distribuzione monoalbero. In genere questi modelli sono rimasti in produzione per poco tempo. Alcuni di essi (Mondial, Bianchi, Guzzi Lodola) sono stati sostituiti da altri con distribuzione ad aste e bilancieri, di realizzazione più semplice ed economica. Alla metà degli anni Sessanta di 175/250 con distribuzione monoalbero in Italia rimaneva soltanto la Ducati. Il problema che aveva ostacolato la diffusione delle distribuzioni di questo tipo era legato fondamentalmente al sistema di comando dell’albero a camme. Quello ad alberello e coppie coniche era costoso e non facile da silenziare. Affidabilissimo e longevo, veniva usato diffusamente sulle moto da competizione.

Su quelle di serie erano soltanto la Demm e la Ducati a utilizzarlo. La Casa di Borgo Panigale ha continuato assai a lungo a impiegare questo sistema di comando Dopo i monocilindrici della serie a carter larghi (ovvero quelli degli Scrambler, dei Desmo e dei Mark 3) gli ultimi modelli a impiegare gli alberelli e le coppie coniche sono stati i bicilindrici di 750 e 860 cm3 (più la versione di 970 cm3, costruita in un numero molto limitato di esemplari per la Mille Mike Hailwood Replica e per la Mille S2 nel 1984-86). Il comando a cascata di ingranaggi, raffinato, rigoroso, affidabilissimo e costoso, è tuttora tipico dei motori da competizione (F1, MotoGP). Ben pochi modelli stradali lo hanno impiegato, ma sono stati tutti significativi. Nell’anteguerra va ricordata la Benelli e negli anni recenti la Honda con i suoi V4 della serie VFR. A caldo, in seguito alla dilatazione termica, gli assi degli ingranaggi si allontanano. Per questo motivo i sistemi di comando di questo tipo sono difficili da silenziare e possono accusare problemi vibratori. Per ovviare al problema vengono impiegati ingranaggi elastici “sdoppiati”, ciascuno dei quali è costituito da due parti leggermente sfalsate tra le quali sono poste alcune molle. In questo modo il gioco tra i suoi denti e quelli dell’ingranaggio con il quale esso è in presa è zero e rimane tale anche a caldo.

...Ai nostri giorni


Il sistema di gran lunga più utilizzato per comandare gli alberi a camme in testa è quello a catena. Per lungo tempo sono state utilizzate soltanto quelle a rulli ma negli anni Settanta hanno iniziato ad essere impiegate anche quelle silenziose (Morse, ovvero Hy-Vo), che nel corso del tempo hanno subito una considerevole evoluzione, con la comparsa di versioni via via migliorate a livello di emissioni acustiche e/o di rendimento. Va anche ricordato l’impiego di catene a bussole da parte della Ducati sui bicilindrici “Superquadro” delle Panigale 1199 e 1299. Il grosso problema dei comandi a catena è a lungo stato il sistema di tensionamento. Negli anni Cinquanta talvolta era addirittura assente mentre altre volte era semplicemente costituito da una lamina metallica arcuata. In questi casi era inutile parlare di funzionamento silenzioso… Giova comunque ricordare che fin dai primi anni Sessanta sui suoi bicilindrici con distribuzione ad albero a camme in testa la Honda ha impiegato un comando a catena, con un efficace tenditore. Con il passare dei chilometri il gioco tra i perni e le bussole aumenta inevitabilmente e questo porta a una variazione del passo; la catena si allunga e la rumorosità inevitabilmente cresce. Le emissioni acustiche dovute alle catene sono dovute a più cause. Importantissima è la rumorosità da imbocco, che nasce quando il rullo o i denti della piastrina penetrano nei vani della ruota dentata con la quale entrano in presa. Poi ci sono il gioco nelle articolazioni e lo sbattimento dovuto alle oscillazioni della catena (con particolare riferimento al ramo opposto a quello “in tiro”). Queste ultime sono inevitabili e risultano tanto più accentuate quanto minore è il numero dei cilindri.

A originarle è la rotazione non uniforme dell’albero a camme, la cui velocità tende a subire alternativamente una serie di rallentamenti e una serie di accelerazioni, derivanti dalla resistenza offerta dalle molle delle valvole e dalla successiva restituzione dell’energia da esse incamerata. Le catene silenziose non hanno rulli ma denti ricavati nelle loro piastre che si vanno ad inserire nei vani della ruota dentata sulla quale si avvolgono. Il profilo dei denti è quindi critico ai fini della dolcezza e della silenziosità dell’innesto. In seguito all’usura che ha luogo nelle articolazioni il passo aumenta; i denti delle piastre allora vanno semplicemente a lavorare più all’esterno nei vani della ruota dentata, ma a parte questo le modalità della entrata in presa non cambiano. La rumorosità in questo modo non aumenta, almeno in misura degna di nota. Ciò costituisce uno dei punti di forza delle catene di questo tipo.

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