Officina: alberi a gomiti compositi

Officina: alberi a gomiti compositi

Sono stati usati a lungo nelle competizioni, anche su motori policilindrici

23.06.2022 ( Aggiornata il 23.06.2022 21:43 )

Prestazioni crescenti


Naturalmente ogni considerazione in merito a queste due soluzioni costruttive deve essere legata al tipo di impiego al quale la moto è destinata. Come ovvio la situazione è diversa a seconda che si tratti di un motore di serie o da corsa. Differenti sono le sollecitazioni in gioco, le esigenze di durata e i costi di fabbricazione.

Al crescere delle prestazioni la vita per l’albero a gomiti diventa più dura. Aumentano le forze in gioco e la frequenza con la quale esse si scaricano sull’albero, che reagisce deformandosi elasticamente. Al crescere dei regimi di rotazione e delle sollecitazioni (elevatissime nei moderni motori di alta potenza specifica) a un certo punto gli alberi a gomiti compositi mostrano la corda. Del resto, già ai tempi delle ultime MV Agusta da Gran Premio si era visto come fosse pressoché impossibile evitare che al termine delle gare i perni andassero fuori allineamento.

Avevano cioè luogo deformazioni permanenti, dovute al fatto che tra i perni e i fori dei volantini avvenivano dei movimenti, nonostante l’elevata interferenza di montaggio impiegata. Per ovviare a ciò addirittura la Suzuki nel suo DR Big 800 ha fatto ricorso a un cordoncino di saldatura da ciascun lato, in aggiunta alla interferenza! Con gli alberi monolitici questo problema non esiste. Non sono formati da più parti unite tra loro ma sono in un sol pezzo. La fabbricazione è più semplice. Rispetto ai cuscinetti a rotolamento poi le bronzine sono convenienti in termini di peso, ingombro e durata.

Certo, sono più esigenti in fatto di lubrificazione e danno luogo a perdite per attrito leggermente maggiori, ma questi sono gli unici svantaggi, peraltro di entità assai contenuta. Nei motori che adottano lo schema “misto” i cuscinetti di banco sono a rotolamento e le bronzine vengono impiegate per le bielle.

Deformazioni inevitabili


Una analoga situazione si è vista nei motori di Formula Uno nei quali in anni recenti sono stati provati i cuscinetti volventi. Le deformazioni elastiche causate dalle sollecitazioni meccaniche vengono contrastate dalla rigidezza dell’albero ma sono comunque inevitabili. Possono essere ridotte ma non eliminate. Le forze tendono a far flettere l’albero e quindi a mandare fuori allineamento i perni di banco. Inoltre, lo sollecitano anche a torsione, cioè tendono a farlo “avvitare”. Siccome le sollecitazioni si susseguono senza posa entra in gioco anche la resistenza a fatica.

Le caratteristiche del materiale e le modalità del trattamento termico o termochimico assumono qui una importanza fondamentale, come ovviamente il dimensionamento e la geometria del componente. La progettazione al computer oggi risulta assolutamente fondamentale per ottimizzare il disegno di questi critici componenti.

Per i monocilindrici non ci sono dubbi: gli alberi compositi convengono dal punto di vista economico e della razionalità costruttiva. Quando però le sollecitazioni superano determinati valori, come nelle attuali Moto3, è meglio passare agli alberi monolitici. In quanto ai quadricilindrici, un notevole passo in avanti è stato compiuto con lo spostamento dalla catena di distribuzione dalla posizione centrale a quella laterale, cosa che consentiva di ridurre la lunghezza dell’albero e di passare a cinque supporti di banco nei motori che in precedenza ne impiegavano sei. La soluzione è da tempo standardizzata.

Officina: il tensionamento della catena

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