Storie di moto poco fortunate | Officina

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Vediamo alcune, apparse nel momento sbagliato, e altre nate vecchie, con soluzioni tecniche non più all’altezza dei tempi

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02.08.2023 ( Aggiornata il 02.08.2023 14:51 )

Le Ducati bicilindriche e la Yamaha XZ 550


Parlare delle bicilindriche parallele Ducati di 350 e 500 cm3, definendole grandi flop appare forse ingeneroso. Decisamente bruttine nella prima versione, queste moto, presentate alla fine del 1975, inizialmente hanno avuto diversi seri problemi. Alla fine sono stati sistemati, ma ormai era tardi. Quando sono uscite di produzione nessuno le ha rimpiante.

Per la Sachs il nuovo 125 a sette marce doveva essere un degno successore dell’eccellente sei marce. E invece è stata una catastrofe che ben presto ha portato i suoi usuali clienti ad abbandonarla per rivolgersi ad altri produttori come Rotax e Hiro. Ciò ha convinto l’azienda a cessare la fabbricazione di motori per moto. Con la XL 500 S, apparsa nel 1979, la Honda intendeva rispondere, anche se con tre anni di ritardo, alla Yamaha XT 500 che alla fine degli anni Settanta stava ottenendo un grande successo. La moto andava benissimo, era moderna, disponeva di due alberi ausiliari di equilibratura e di quattro valvole ed era esente da difetti.

La rivale però era nettamente più bella, aveva più carattere e forniva prestazioni per lo meno analoghe. Le vendite sono state inferiori alle aspettative. Assai peggio è andata alla stradale FT 500, derivata dalla XL e dotata di una estetica sicuramente assai discutibile. Da noi le monocilindriche stradali di grossa cilindrata da tempo avevano perso il favore del pubblico e si vendevano in numeri assai modesti, a differenza delle Enduro. Negli altri paesi europei le cose però stavano diversamente. Lì la Yamaha SR 500 (stradale pura) si è venduta in numeri interessanti, mentre da noi no. La FT 500 invece è andata male, in termini commerciali, anche all’estero.

La XZ 550 può essere considerata un tentativo coraggioso da parte della Yamaha che con essa proponeva una bicilindrica bialbero a quattro valvole con architettura a V longitudinale di 70° e con raffreddamento ad acqua. Anche i carburatori, di tipo automobilistico a condotto verticale, erano innovativi. Purtroppo la moto voleva esserlo pure dal punto di vista stilistico. Sembra che proprio l’estetica sia stata determinante per decretare l’insuccesso di questa moto avanzata e interessante dal punto di vista tecnico.

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