Polvere di Stelle: fratelli Maffeis, traiettoria di famiglia

Polvere di Stelle: fratelli Maffeis, traiettoria di famiglia

I fratelli Maffeis continuarono a recitare da protagonisti nelle gare e nell’industria anche dopo la Seconda Guerra mondiale, nonostante la scomparsa di Carlo

21.06.2022 ( Aggiornata il 21.06.2022 17:51 )

Nelle scorse puntate Polvere di Stelle ha iniziato a raccontare la storia dei fratelli Maffeis: Bernardo, Carlo e Miro, che furono protagonisti in campo motociclistico dagli inizi del secolo scorso agli anni Trenta del 1900.

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Carlo e gli aeroplani


Bernardo, il maggiore fondò la fabbrica di motociclette che portava il suo cognome, mentre Carlo e Miro si coprirono di gloria nelle più importanti competizioni nazionali, sia nei velodromi che su strada. Abbiamo lasciato Carlo alla fine del 1913, campione italiano di prima categoria della classe 500 su Moto Rêve e reduce da un tentativo riuscito di record sul chilometro lanciato. Quell’anno il periodico “La stampa Sportiva” lo aveva definito “L’uomo più forte che conti il mondo motociclistico, capace di poter riuscire nelle imprese più ardue”.

Ma Carlo aveva anche una seconda passione: era pilota di aeroplani, un pioniere anche il quel campo, e aveva già compiuto nel 1911 diverse imprese che lo avevano reso noto a livello nazionale, ma che avevano rallentato la sua attività agonistica in moto. Nel 1912 aveva avuto un ritorno di fiamma per le due ruote, con risultati eccezionalmente buoni, ma non aveva abbandonato l’aviazione. Nella Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 21 del 27 gennaio 1913 si legge: “Ieri, l’aviatore Maffeis, proveniente da Lugano, è giunto a Milano dopo un volo continuato. Verso le ore 14 il monoplano di Maffeis si librava sopra la città attirando la viva attenzione della folla. L’aviatore è disceso felicemente nella Vecchia piazza d’armi. Il Maffeis ha impiegato a compiere il raid Lugano-Milano 52 minuti”.

Nel 1914 Carlo Maffeis fece un’incursione nella “tana” dei velocisti britannici: l’autodromo di Brooklands, teatro di spettacolari record favoriti dalle spaventose curve sopraelevate. Qui, in sella a una Singer, fu protagonista di una sfida contro George Enoch Stanley, detto “Il mago”, che a Brooklands era stato il primo a stabilire il primato delle 60 miglia in un’ora con una 350.

L’esito della gara non è stato tramandato, però la spedizione sul più celebre autodromo inglese attesta la fama del pilota italiano anche all’estero. Quell’anno Carlo cadde durante una gara al Velodromo Sempione di Milano e fu costretto a due mesi di ospedale, mentre Miro vinse il Circuito di Cremona e nel 1915 fu ancora Miro, su Maffeis 500, a imporsi nel Circuito delle Tre Regioni.

Dopoguerra


Poi scoppiò la guerra, ma nel 1919, a pace fatta, si tornò a correre e per la prima volta nell’albo d’oro del campionato italiano di Velocità su strada al terzo posto della classe 350 comparve una motocicletta Maffeis guidata non da uno dei fratelli, ma dal noto Mario Sassi. Nell’ottobre di quell’anno si disputò per la prima volta il raid Nord-Sud da Milano a Napoli, vinto da Ettore Girardi su Garelli 350. In realtà, la vittoria sarebbe spettata a Miro Maffeis, che per sbaglio aveva concluso la corsa a Napoli mentre, per impraticabilità della strada, gli organizzatori avevano spostato il traguardo finale a Caserta. Questo errore gli costò la squalifica.

La stagione del 1919 si concluse con la disputa al velodromo di Milano dei campionati italiani su pista, che videro Miro primo nella classe 350 su Motosacoche e Carlo trionfatore della 500 su Bianchi e campione assoluto avendo battuto tutti i precedenti record sul giro.

Vittorie importanti per i due fratelli anche nel 1920: Miro si impose con la Indian nella classe 750 della Torino-Salò, poi si vendicò della squalifica dell’anno prima aggiudicandosi, su Indian 500, la vittoria nella seconda Milano-Napoli, mentre Carlo si affermò a Cremona e a fine anno batté tutti i record italiani di velocità sul chilometro lanciato “volando” con la Bianchi 500 sul rettilineo Ferno-Samarate a 125 km/h di media. Il 1921 iniziò ancora nel migliore dei modi per Miro, primo su Indian 1000 al Circuito del Tevere, mentre la sfortuna si accanì subito su Carlo, dapprima condannato al ritiro a Cremona dopo aver stabilito il nuovo primato sul giro, poi caduto mentre disputava il GP Francia.

La scomparsa di Carlo


Ripresosi da questo incidente, prese il via al primo GP Italia, disputato il 10 settembre sul circuito di Montichiari. Nella cronaca di questa gara, sulla Stampa Sportiva si legge: “Durante le ore in cui la pista fu illuminata dal Sole le velocità registrate hanno del fantastico. Nazzaro ha marciato con la sua Indian a 145 km all’ora, ma non ha terminato il suo exploit a causa della rottura di un tubo della benzina. E con Nazzaro esce di lizza Carlo Maffeis il quale alla curva di Ghedi, affrontata in velocità, slitta ed è sbalzato di macchina. Per le ferite riportate non può proseguire… venne trasportato all’Ospedale di Ghedi e vi lasciò la vita per commozione cerebrale… La scomparsa di Carlo Maffeis segna una gravissima perdita per il motorismo italiano, essendo egli, per quanto fra i più anziani, sempre un temibile concorrente. Non soltanto: era un tecnico, un audace, un vero stilista della motocicletta. Su pista, su strada, ovunque, egli aveva vinto e insegnato a vincere”.

Rimasero Bernardo e Miro. Il primo continuò a seguire la sua piccola industria motociclistica e fece debuttare nuovi modelli. Nel 1920 dalla fabbrica di Porta Volta uscì una interessante 350 con motore bicilindrico a “V” longitudinale, lubrificazione automatica e cambio a tre rapporti. Successivamente la gamma si ampliò con una monocilindrica di 280 cm³ con distribuzione sia a valvole laterali che in testa, seguita nel 1925 da un’altra monocilindrica di 250 cm³ a valvole in testa con cambio Sturmey Archer a tre rapporti.

Tutti i motori delle Maffeis erano prodotti dall’inglese Blackburne. Miro nel 1921 aveva sfiorato la vittoria nella prima edizione del Giro del Lario, il Tourist Trophy d’Italia; partito nella classe 1000 con una Indian Powerplus, aveva condotto la gara per più di quattro ore, ma nel finale aveva dovuto cedere alla rimonta di Amedeo Ruggeri, alla guida di una Harley-Davidson, che al traguardo lo aveva sopravanzato di appena 10 secondi.

Lo stesso accadde nell’edizione 1922 del Lario: questa volta, essendo state soppresse le due classi maggiori, 1000 e 750 cm³, Miro Maffeis corse nella 350 con una Motosacoche e si piazzò ancora secondo alle spalle di Ernesto Gnesa su Garelli ufficiale.

continua

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