Polvere di Stelle: la storia delle intuizioni all'italiana

Polvere di Stelle: la storia delle intuizioni all'italiana

Il trend dei motori pluricilindrici venne dettato anche dalla Bianchi, con la 500 collaudata da Alberto Ascari, e dalla Benelli, con modelli che tuttavia furono meteore

25.07.2022 ( Aggiornata il 25.07.2022 19:09 )

Bianchi


La Bianchi partecipava ufficialmente dal 1930 alle corse della classe 500 con la monocilindrica verticale bialbero progettata da Mario Baldi, lo stesso che nel 1924 aveva firmato la portentosa 350 “Freccia Celeste”, la moto dei campionissimi Tazio Nuvolari, Luigi Arcangeli, Amilcare Moretti e Achille Varzi. La Bianchi 500 era in quel momento la più veloce monocilindrica italiana da mezzo litro ed era competitiva anche con le moto inglesi di identica concezione, ma l’ingegner Baldi era consapevole che contro le Gilera e BMW a più cilindri e sovralimentate non c’era nulla da fare, l’unica soluzione era dotarsi di un motore tecnicamente al passo con i tempi.

Il progetto fu varato nella seconda metà del 1937: i dettagli furono noti soltanto l’anno dopo e il prototipo vide la luce nel 1939, quando fu esposto al Salone della Moto di Milano. Alloggiato in un classico telaio monoculla sdoppiato inferiormente, con sospensioni su entrambe le ruote e moderni freni a tamburo centrale di 220 mm di diametro, il motore mostrava quattro cilindri in linea trasversale perfettamente verticali, e in questo differiva dalla Gilera, la cui bancata era fortemente inclinata in avanti, pur essendo invece identiche le misure di alesaggio e corsa: 52x58 mm.

La distribuzione bialbero comandata da alberino a coppie coniche ricalcava lo schema già collaudato da Baldi sulle monocilindriche 350 e 500 e il raffreddamento – rimarcando un’altra differenza rispetto alla Gilera – era ad aria. La lubrificazione era a carter secco con ampio serbatoio sul lato sinistro. Sovralimentato con un compressore volumetrico a palette (ne furono predisposti cinque diversi con pressioni di alimentazione da 0,4 a 0,7 bar) il motore, secondo indicazioni reperite su documenti originali, poteva erogare 72 CV a 8000 giri. Il cambio era in blocco a quattro rapporti con frizione a dischi multipli in bagno d’olio e trasmissione primaria a ingranaggi e finale a catena. La Bianchi 500 quattro cilindri venne collaudata da Alberto Ascari, futuro campione del Mondo di Formula 1, nel luglio del 1939 sull’autostrada Milano-Torino.

Nonostante l’apparente soddisfazione della Casa e del suo progettista, la moto non venne mai schierata in corsa. La si vide in pubblico per l’ultima volta al Salone della Moto del 1940, poi uscì di scena. L’unico esemplare esistente è oggi conservato nel museo privato di Mario Righini nel Castello di Panzano a Castelfranco Emilia.

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