Polvere di Stelle: da MV Agusta a BMW MotoGP, i motori fermati al debutto

Polvere di Stelle: da MV Agusta a BMW MotoGP, i motori fermati al debutto

Un altro capitolo sulle moto plurifrazionate mai viste in gara: dalla MV con motore "boxer" bloccata dallo Stato alla Ducati “inglese” fino al prototipo tedesco

23.08.2022 ( Aggiornata il 23.08.2022 16:40 )

La Ducati "inglese"


Insomma, fra le due aziende motociclistiche in crisi di sua proprietà, Roma decise di salvarne una soltanto, la Ducati. E tra gli investimenti programmati a questo scopo negli anni precedenti c’era stata anche la partecipazione al Mondiale di Velocità nella 350, dove la MV in quel momento teneva ancora banco. Era il 1971 e l’ingegner Fabio Taglioni era impegnatissimo a sviluppare la bicilindrica 750 a “L” di 90° finalmente deliberata dalla dirigenza.

Fu probabilmente questa la ragione che indusse chi in quel momento era a capo della Ducati per conto dell’EFIM (Ente partecipazioni e Finanziamento Industrie Manifatturiere) a commissionare all’estero il progetto di un prototipo di 350 cm³ da competizione.

Fu scelto (o si propose) lo studio inglese di ingegneria Ricardo, un centro tecnico noto fin dagli anni Venti, che presentò un tre cilindri in linea trasversale con distribuzione bialbero a quattro valvole per cilindro comandata da cinghia dentata sul lato destro della bancata.

La cilindrata effettiva era di 349,3 cm³ data da un alesaggio di 60 mm e da una corsa di 41,2 mm. Il raffreddamento era a liquido e gli scarichi erano uno per ciascuna valvola, quindi sei; l’alimentazione era a iniezione meccanica. La trasmissione usufruiva di frizione multidisco a secco e di cambio estraibile a sette rapporti.

La Ricardo dichiarò allora che le prove al banco avevano dato 80 CV a 15.000 giri, ma i successivi test non soltanto non confermarono il risultato, ma rivelarono numerosi difetti d’origine del progetto: fu necessario sostituire l’iniezione meccanica con una batteria di carburatori e rifare manualmente alcuni importanti componenti che avevano denunciato difetti di fusione. Nell’agosto del 1972 i rappresentanti di Ducati e Ricardo concordarono di interrompere la collaborazione.

Nessuno si curò più di quel motore, tanto che rimase in Inghilterra per oltre 25 anni, finché qualcuno non riuscì a portarlo a Bologna, dove ora è esposto al Museo Ducati. La Casa di Borgo Panigale non è stata l’unica a commissionare a uno studio di ingegneria straniero la realizzazione di un bolide da corsa con cui correre nel Mondiale.

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