Polvere di Stelle: Victoria Werke, gloria bavarese

Polvere di Stelle: Victoria Werke, gloria bavarese

All’inizio del ‘900, Ottenstein trasformò l’attività legata alle due ruote, passando dalle bici alle moto. Usufruendo anche dei primi motori prodotti dalla BMW

02.11.2022 ( Aggiornata il 02.11.2022 15:14 )

Nel corso delle mie ricerche, saltuariamente mi imbatto in argomenti interessanti da trattare su questa rubrica. L’ultimo che mi è capitato sott’occhio riguarda un avveniristico cambio ad azionamento elettromagnetico costruito nel 1954 da una Casa motociclistica tedesca, la Victoria Werke di Norimberga, la cui storia merita certamente di essere raccontata su Polvere di Stelle.

Dalle bici alle moto


Nei primi anni Sessanta del secolo XIX la bicicletta, o meglio, il biciclo si era diffuso a macchia d’olio dopo che il francese Michaux aveva per primo corredato di pedali sulla ruota anteriore una “Michaudine” (bicicletta con lo sterzo, ma con trazione ancora a spinta con i piedi a terra). Il suo fenomenale successo presso tutti i ceti sociali, alimentato anche dalla straordinaria pubblicità derivante dalle numerose sfide sportive subito organizzate ovunque, fece sì che tantissimi artigiani e industriali orientassero i loro investimenti su questo nuovo settore.

In Francia e Inghilterra, patrie dei più geniali inventori che avevano trasformato un inefficiente veicolo nato per gioco alla fine del 1700 in un rivoluzionario mezzo di trasporto accessibile a tutti, sorsero le principali industrie ciclistiche, che in breve divennero il punto di riferimento per imprenditori di ogni Paese d’Europa.

Max Ottenstein, nato il 23 febbraio 1860 a Gunzenhausen, un grosso paese 45 km a sud-ovest di Norimberga, era un appassionato ciclista e all’età di 20 anni era un animatore del club del velocipede del capoluogo, in cui si promuoveva l’uso del penny farthing, come veniva chiamato dagli inglesi il biciclo con la ruota anteriore altissima e quella posteriore microscopica.

Dotato di spirito d’iniziativa e già esperto di scambi commerciali, Ottenstein nel 1886, al ritorno da un viaggio in Inghilterra dove senz’altro aveva visitato una fabbrica di biciclette, si associò con Max Frankenburger, un uomo d’affari coetaneo e con lui fondò un’industria ciclistica la cui attività venne avviata in un capannone in affitto a Gleishammer, un sobborgo di Norimberga, con una forza lavoro di venti operai.

I due soci, ungimiranti, nei primi anni costruirono penny farthings, e si fecero anche promotori di un velodromo in città in cui si svolgevano gare e si teneva una scuola per i principianti. Ebbero successo e dovettero trasferirsi in una fabbrica più grande, con 150 operai e più di 40 macchine utensili. Dal 1892 convertirono la produzione dai bicicli a ruota alta alle “biciclette di sicurezza” con entrambe le ruote di pari diametro, e le vendite esplosero letteralmente, tanto che nel 1895 la società divenne “Victoria-Fahrradwerke AG” con un capitale sociale di 1,25 milioni di marchi.

Quattro anni dopo, quando il mercato della bicicletta in Germania cominciò a mostrare segnali di saturazione, la società si rinominò ancora in Victoria Werke e nel 1900 e 1901 presentò i prototipi di un’automobile e di una motocicletta, pur mantenendo come attività primaria la produzione ciclistica.

Auto e moto stavano comunque conquistando spazi commerciali in diversi Paesi, così anche la Victoria decise di inserirsi in questi promettenti settori industriali e tra il 1903 e 1904 nel suo catalogo apparvero le prime due e quattro ruote motorizzate.

Nel frattempo (gennaio 1901) Max Frankenburger aveva lasciato la società per trasferirsi a Monaco di Baviera e dedicarsi a una sua grande passione: la storia dell’oreficeria, della quale sarebbe diventato uno dei massimi esperti. Nel primo periodo le motociclette Victoria erano delle biciclette rinforzate con motori non prodotti in proprio, ma acquistati da marchi già famosi, come Fafnir, Zedel e Minerva.

La guerra, la ripresa


Né le moto, né le auto ottennero importanti risultati commerciali, per cui, al sopraggiungere della prima crisi di mercato, tra il 1908 e il 1912 la produzione di veicoli a motore venne sospesa. Riprese dopo la guerra, nel 1920, sotto la direzione tecnica di Rudolf Ottenstein, figlio di Max, il quale deliberò la realizzazione della Kraft Rad 1 (KR1), una bella motocicletta il cui motore di 500 cm³ sarebbe passato alla storia essendo il primo prodotto dalla BMW, il famoso M2B15 a valvole laterali in configurazione boxer, montato con i due cilindri allineati all’asse longitudinale della moto, cambio a due rapporti e trasmissione finale a catena.

Nel 1922, quando la BMW, allora di proprietà dell’italiano Camillo Castiglioni, lanciò la sua prima motocicletta, la R32, cessando la vendita dei propulsori di sua produzione, il progettista dell’M2B15, Martin Stolle, lasciò la BMW per passare alla Sedlbauer con sede sempre a Monaco di Baviera. Lì migliorò il suo bicilindrico dotandolo di valvole in testa e la Victoria lo adottò creando il modello KR2, cui fece seguito l’anno dopo il KR3 con il motore di Stolle ulteriormente sviluppato e prodotto ancora dalla Sedlbauer, acquistata nel frattempo dall’azienda di Ottenstein e trasferita quindi a Norimberga. Sul propulsore della KR3 per la prima volta venne stampato il marchio – una V semplice sormontata da una W – della Victoria Werke.

Un anno più tardi, Stolle lasciò anche la Casa di Norimberga per tornare a Monaco e fondare una fabbrica di automobili sportive. Fu sostituito dall’ingegner Gustav Steinlein che sul bicilindrico della KR3 nel 1925 montò per la prima volta in Germania un compressore centrifugo volumetrico, ottenendo un bolide da corsa altamente competitivo che si affermò nelle corse in salita, nelle gare di Velocità con il sidecar e ottenne nel 1926, a Friburgo, il record tedesco assoluto sul chilometro lanciato alla media di 165 km/h.

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