Polvere di Stelle: le prime gare del Centro-Sud

Polvere di Stelle: le prime gare del Centro-Sud

Non soltanto Piemonte e Lombardia: l’era pionieristica delle corse in Italia si sviluppò anche con i Circuiti del Tevere, del Savio, dei Campi Flegrei e dei Peloritani

07.02.2023 ( Aggiornata il 07.02.2023 09:29 )

La Coppa dell'Adriatico


Una manifestazione che invece fu riproposta per molti anni e venne più volte inserita nel calendario del campionato italiano fu la Coppa dell’Adriatico, lanciata nel 1920 a Rimini dal presidente del locale Moto Club, il colonnello Ettore Perdicchi, che si vantava di essere stato, durante la guerra, l’unico ufficiale superiore ad aver preceduto i suoi uomini in sella a una moto.

L’1 agosto 1920 una settantina di corridori partì da Rimini, raggiunse Coriano, quindi Morciano, San Giovanni in Marignano, per tornare al punto di partenza; al termine dei quattro giri dell’anello di oltre 40 km tagliò per primo il traguardo il faentino Aristide Gaddoni (Harley-Davidson 1000), una vittoria stupefacente se si considera che correva con una gamba sola, essendogli stata amputata l’altra a 16 anni per una grave ferita nel corso di un diverbio con un compagno di lavoro. Gaddoni era al comando anche nel 1921, ma una tremenda caduta gli fu fatale.

Undici furono le edizioni della Coppa dell’Adriatico, con la partecipazione di grandi assi italiani del motociclismo, in primis Tazio Nuvolari e Achille Varzi, ma non fu questa la più celebre corsa emiliano-romagnola degli anni Venti, titolo che spetta al Circuito del Savio, corsa automobilistica e motociclistica disputata a Ravenna dal 1923 al 1927.

Nell’edizione d’esordio, a vincere tra le auto fu Enzo Ferrari al quale, in occasione della premiazione, la madre dell’“Eroe” Francesco Baracca affidò il Cavallino Rampante nero – emblema scelto dall’asso lughese per il suo aeroplano – perché lo onorasse con altre vittorie.

Non minore fu la fama delle corse motociclistiche del “Savio”, alle quali parteciparono i più forti professionisti del tempo, protagonisti di epiche imprese, come quella compiuta da Nuvolari, su Bianchi 350 “Freccia Celeste” nel 1927. Lottava per il comando della corsa con il forlivese Terzo Bandini quando questi gli cadde davanti; per evitarlo, “Nivola” fu costretto a infilarsi in uno spazio strettissimo, tanto stretto che con la mano sinistra andò a colpire un muretto rompendosi il dito anulare. Continuò incurante del dolore, del quale forse per un po’, a botta calda, non si accorse nemmeno; mantenne la testa della corsa, inanellò giri sempre più veloci, distrusse gli avversari, poi, all’ottavo giro si fermò per il rifornimento.

Al box lo videro stravolto, con il guanto insanguinato, glielo tolsero e gli impedirono di ripartire; all’ospedale avrebbero voluto amputargli il dito, ma lui si oppose con forza: lo curarono e lo mandarono a casa.

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