La "paura di Stanley Woods| Polvere di Stelle

La "paura di Stanley Woods| Polvere di Stelle

La celebre prova del campionissimo Woods a 53 anni sulla Guzzi 500 V8 e sulla 350 monocilindrica a Monza: "Correre al TT a queste velocità? Che spavento!"

16.02.2023 ( Aggiornata il 16.02.2023 14:36 )

Stanley Woods, un pilota leggendario. Fu uno dei primi assi di lingua inglese ad accettare di correre per Case non britanniche, il primo a vincere il Tourist Trophy con un moto italiana (Moto Guzzi, 1935, classi 250 e 500) e ancora il primo ad aggiudicarsi 10 vittorie all’Isola di Man.

Con la Casa di Mandello mantenne sempre un rapporto molto stretto anche dopo aver appeso il casco al chiodo.

Polvere di Stelle: le prime gare al Centro-Sud

La prova di Woods


Nel 1956 venne invitato in Italia dalla Moto Guzzi per assistere al GP Nazioni e gli venne offerta l’occasione di provare la nuova 500 V8 – la moto tecnicamente più evoluta del Mondo in quel momento – e la 350 monocilindrica che dominava il Mondiale della sua classe, in occasione delle riprese in pista per il film “I Fidanzati della morte”.

Nonostante avesse già compiuto 53 anni, Woods accettò con grande entusiasmo e dopo la prova scrisse un articolo per la rivista inglese Motor Cycling intitolandolo “Viaggio in Paradiso”. Ne riporto alcuni passi tratti da “La moto” del 10 ottobre 1956.

“… La ‘Otto’ era stata riscaldata e si erano sostituite le candele nei box cosicché mi fu possibile darci dentro fin dalla partenza; ma molto presto mi accorsi che avrei dovuto esercitare una considerevole cautela nel far uso della potenza disponibile, che mi sembrava illimitata. La mia esperienza nel pilotare la Gilera di Geoff Duke per Motor Cycling lo scorso anno a Monza mi aveva in un certo modo preparato a quel che doveva accadere ma quando mi tolsi l’abito di pelle dopo quella memorabile occasione io pensai, con un sospiro, che era probabilmente l’ultima volta che l’indossavo per pilotare un’autentica macchina da corsa. Ero eccitato ed emozionato ma certamente non nervoso. L’improvviso sc catenarsi della potenza a circa 7000 giri, sebbene atteso, mi prese di sorpresa, come pure la frazione di tempo impiegata nel raggiungere il limite dei giri in prima e seconda. Con la terza innestata, il gas non fu tenuto aperto per più di pochi secondi, poiché non ero stato su una macchina da corsa da dodici mesi e l’accelerazione in terza era più che sufficiente per me nelle prime centinaia di metri! Tuttavia, a parte la necessità di abituarmi alla fantastica fonte di energia affluente senza sforzo, mi sentii immediatamente a mio agio sulla macchina, tanto da poter immaginare che fosse stata 'tagliata' apposta per me. Parzializzai l’acceleratore finché il motore sotto di me si mise gentilmente a “ronfare” a 9000 giri, appena sopra le 100 miglia, deciso se possibile a trattenermi e godere in pieno il liscio, morbido afflusso di potenza. Lungo la pista, che ben ricordavo, andai così per qualche giro finché, incominciando il terzo o il quarto non potei trattenermi oltre, ed entrando nel rettilineo di arrivo girai la manopola fino in fondo. Affascinato, con la coda dell’occhio osservai l’ago del contagiri raggiungere il massimo in un tempo incredibilmente breve. Cambiai. La macchina raggiunse il massimo dei giri quasi subito e sembrò voler an dare ben oltre la rossa linea dei 12.000 giri. Mantenni questa velocità fino alla Curva Grande dove, ricordando che i ragazzi (Woods per ‘ragazzi’ intendeva i piloti in attività, nde) la prendono in presa diretta a circa 200 km/h, decisi di restare in presa diretta, con il gas chiuso e, inutile dirlo, con tutte le ancore calate. … Verso la curva di Vedano fui in grado di apprezzare la gamma di potenza che la “Otto” produceva. Avevo rallentato ben sotto la normale velocità in presa diretta ma ciò non sembrava preoccuparla in alcun modo e riaprendo il gas potei tornare sui 200 km/h in un tempo brevissimo. … Le attività dei cinematografari sembravano non dover finire mai: fino al tardo pomeriggio furono occupati a riprendere scene di corsa lungo la pista e sebbene mi fosse stato suggerito di guidare una delle Guzzi 350 e prender parte ad alcune delle scene di massa dietro l’auto con la macchina da ripresa, pensai fosse meglio aspettare l’opportunità di essere in pista da solo. Sfortunatamente questo non avvenne fino a pochi minuti prima della sera. … Mi accorsi che era più difficile maneggiare la monocilindrica dopo la “Otto” perché (come avviene per la maggior parte delle macchine da corsa moderne monocilindriche) la potenza era disponibile soltanto in una corta gamma di giri e io devo ammettere che avevo dimenticato la tecnica di far slittare la quasi indistruttibile frizione della Guzzi nell’attraversare il “periodo critico”. Allo stesso modo ebbi difficoltà nello sfruttare in pieno la seconda (la marcia più bassa usata una volta avviata la macchina). Tuttavia, quando ci riuscii la 350 prese le marce più alte senza esitazione, ma dopo che i miei pochi giri furono finiti, mi accorsi di essermi dimenticato che si trattava di una macchina con cambio a cinque velocità, cosicché avevo tentato di prendere le due più lente curve di Lesmo e di Vedano in terza invece che in seconda, e ciò era all’origine di alcune delle mie difficoltà. A parte ciò, mi son goduto in pieno la prova, trovando il modello minore in certo qual modo più leggero della ‘Otto’ nelle curve. In comune con quest’ultima, la guida, la tenuta di strada e la maneggevolezza erano perfette, sebbene il mio piacere fosse rovinato dalla luce decrescente e dal fatto di dovermi fermare prima di essere completamente a mio agio”.

Il racconto del secondo test


Woods poté riprovare la Guzzi otto cilindri pochi giorni dopo, ancora a Monza in occasione di alcuni test della Casa di Mandello con i piloti ufficiali Dicky Dale e Keith Campbell e alla presenza dei colleghi Bill Lomas e Ken Kavanagh. Il suo racconto quindi continua.

“Questa volta sapevo quel che mi attendeva e con la pista libera mi misi a godermela quando fu il mio turno per compiere qualche giro e riferire le mie impressioni. Realmente la velocità e la potenza di questa macchina devono essere provate per credervi. Ha una velocità massima di circa 160 miglia (circa 260 km/h) con accelerazione in proporzione, e se aprite il gas dovete essere sul ‘chi vive’ continuamente: non potete permettere alla vostra mente di vagare! Il brivido di quella risposta del motore all’apertura dei gas, il suono e la sensazione del suo urlare sotto di me, mi rimarranno impressi per molto tempo. Fra poco, quando le piccole noie saranno state eliminate, questa macchina sarà senza dubbio un bolide con cui fare i conti nelle gare internazionali, ma posso ammettere che, mentre ho goduto ogni momento passatovi sopra, l’idea di piombare in una curva del percorso del Tourist Trophy, o lungo una serie di curve in compagnia con altri corridori, alle velocità di oggi mi spaventerebbe a morte! I ragazzi che lo fanno devono essere dei superuomini. Buona fortuna a tutti”.

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