Le due tempi jap che invasero l'Italia | Polvere di Stelle

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Yamaha RD 350, Suzuki GT 380 e Kawasaki 400 scrissero pagine indelebili, in una fase di evoluzione del mercato caratterizzata dal confronto con la tecnologia 4T

12.08.2023 ( Aggiornata il 12.08.2023 19:51 )

La Kawasaki


Qualche problema in più avevano invece i concessionari Kawasaki. La Casa di Akashi aveva fatto innamorare con i suoi potentissimi tre cilindri due tempi di serie quella grande massa di motociclisti italiani facilmente conquistabili dall’esuberanza dei cavalli. In effetti sia la 500 Mach III (o H1) che la 750 Mach IV (o H2) erano autentiche bombe e nessuna concorrente stradale di pari cilindrata poteva competere in prestazioni.

Ma in affidabilità sì… Quando un amico mi fece provare la sua H1 sul rettilineo della circonvallazione di Faenza, due chilometri furono sufficienti a farmi scendere di sella assolutamente stupefatto e anche un po’ preoccupato: guidavo in quel momento una Guzzi 750 S, di pari potenza, ma meno veloce e “violenta”, però stabilissima specialmente ad alta velocità e con freni incomparabili.

La Kawasaki mi impressionò per accelerazione e velocità, ma anche per la tendenza alla “danza” e per la ritrosia dei freni a rallentare quel mostro. Mi ritrovai poi in pista nel campionato italiano Juniores 500 con una Suzuki Titan di serie elaborata in casa contro alcune Kawasaki 500 “tiratissime”. Su strada la Titan non faceva nemmeno il solletico alla H1, ma in corsa il confronto fu sempre a favore della Suzuki. Come mai? Probabilmente la bicilindrica di Hamamatsu aveva un margine di crescita notevole, mentre la Kawasaki, già molto spinta di serie, era vicina al limite.

Questa lunga introduzione per arrivare alla versione 400 della tre cilindri di Akashi, che debuttò al Salone di Parigi del 1973. Trattandosi di una moto praticamente identica alla 500, la cilindrata ridotta era motivata esclusivamente da ragioni di convenienza fiscale e da un esame patente facilitato in Giappone. La differenza di prezzo rispetto alla 500 era di circa 120.000 Lire, più o meno uno stipendio medio mensile dell’epoca. La 400 non ebbe successo in Italia anche perché la sua potenza, 42 CV, era di pochissimo superiore a quella delle altre 350-400 sportive e si ridusse a 38 CV quando le norme antinquinamento americane le imposero il sacrificio.

Era dunque identica alla 500, ma non possedeva la stessa esuberanza e, quindi, lo stesso appeal.

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