Quella (s)volta che: Il coraggio di Carl Fogarty al Nurburgring

Quella (s)volta che: Il coraggio di Carl Fogarty al Nurburgring

Pur con la morte nel cuore e l’olio in pista, l’inglese vinse nel caos della gara tedesca. Correva l'anno 1999

10.06.2021 ( Aggiornata il 10.06.2021 18:18 )

In contemporanea con l’avvio della Superbike, a Oschersleben prende il via l’IDM, acronimo di Internationalen Deutschen Motorradmeisterschaft. Dal 2017, quando si corse all’EuroSpeedway di Lausitz, il Mondiale delle derivate di serie non fa più tappa in Germania.

Un’assurdità considerando che nel 2020 i tedeschi hanno comprato 220mila moto nuove, primato continentale. Un addio giustificato dal passaggio dell’impianto alla Dekra che non sembrava interessata a ospitare competizioni. Invece nelle ultime tre annate il Lausitz è stato teatro di una tappa dell’IDM.

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Dal 1988 al 1997 invece il Mondiale corse a Hockenheim, poi soppiantato dal Nürburgring ma soltanto per due edizioni, a causa dei pasticci verificatisi nel 1999. Due settimane prima a Monza, Carl Fogarty aveva colto una doppietta, portando a 55 punti il suo vantaggio su Colin Edwards e a 60 sul compagno di marca Troy Corser. Per l’inglese della Ducati, la prima manche al Nürburgring rappresentava la numero 200 nel Mondiale ma l’anno prima su quella stessa pista si era dovuto accontentare di due tredicesimi posti, a distanza dal vincitore: 1’40” il ritardo da Aaron Slight in Gara 1 e addirittura 1’49” da Frankie Chili in Gara 2. Ma più che quei precedenti, a turbarlo alla vigilia fu la morte di una bimba di due anni e otto mesi, figlia di Graham e Louise, amici di famiglia, nella piscina della sua abitazione. Pur con la morte nel cuore il britannico trovò il feeling, facendo segnare il quarto tempo nelle prove del venerdì a 178 millesimi da Corser, autore del miglior tempo davanti alle Honda di Edwards e Slight. Il giorno dopo Foggy conquistò la pole con un giro di 208 millesimi più rapido del primato di Mick Doohan con la Honda 500 nel 1997! Edwards si dovette accontentare del secondo posto e Slight del terzo, lontani rispettivamente 448 e 690 millesimi. Quarto Chili (Suzuki), quinto Corser, caduto al sabato così come Edwards.

Una vittoria con dedica


Al via però lo statunitense fu il più rapido e passò a condurre, seguito come un’ombra da Chili. Al quarto giro però la Kawasaki di Igor Jerman, in quell’istante 14°, inondò di olio la curva Castrol – nomen omen – prima di accostare nel prato. Dopo una manciata di secondi la 916 di Carlos Macias rimbalzò nella ghiaia, facendo intendere che l’asfalto fosse viscido. Non per i Marshall. Il giro dopo Edwards rischiò di fare la stessa fine ma riuscì a controllare l’imbarcata. Non ebbe la stessa fortuna Akira Yanagawa, ritrovatosi in terra senza capirci nulla. Andò meglio a Katsuaki Fujiwara che lo seguiva a pochi metri. Complice il dritto di Edwards, al 5° giro Fogarty passò a condurre con 1”5 su Slight e Chili e 2”5 su Colin. Quinto era Noriyuki Haga, ma quando cercò di sterzare a destra la sua R7 si intraversò e finì nella via di fuga, dove il giapponese perse l’equilibrio. Al decimo giro a sdraiarsi nel medesimo punto fu Chili, mentre due curve più avanti Fogarty si toccò in fase di doppiaggio con Lothar Kraus, che rovinò a terra e poi iniziò a gesticolare come avrebbe fatto un italiano: a cenni evidenziava l’assenza di bandiere blu che l’avrebbero dovuto allertare dell’arrivo dei primi.

Altri tre giri e pure Edwards andò giù come un sacco di patate alla curva Castrol (il suo main sponsor...). Rialzatosi il texano iniziò a tirare sassi sulla porzione d’asfalto che l’aveva tradito, poi a beneficio di telecamere esibì un doppio dito medio. Nessuno si era premurato di esporre le bandiere gialle con righe rosse, per indicare la presenza di sostanze estranee in pista. Colin definì l’organizzazione "Dilettantesca e stupida". Nonostante l’irruzione di un furioso Davide Tardozzi in direzione gara, deciso a tutelare l’incolumità dei piloti, i 21 giri furono completati.

Fogarty vinse con 7”262 su Slight e mezzo minuto su Corser. Tagliato il traguardo andò a cercare l’abbraccio della moglie Michaela, poi spiegò: “Questa è la stata la gara più importante della mia vita. Dovevo vincere, non importa come, per qualcuno che non è più tra noi. Volevo vincere per la piccola Hannah, me l’ha chiesto suo padre, l’ho fatto per Graham”.

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