Quella (S)volta che: l'invasione tricolore nella SSP600

Quella (S)volta che: l'invasione tricolore nella SSP600© GpAgency

La nuova Supersport ospita ben 10 piloti italiani: quanti di loro saliranno in SBK?

18.04.2022 ( Aggiornata il 18.04.2022 19:16 )

Quantità oppure qualità? Meglio avere tanti italiani in un campionato o invece una manciata di piloti, ma tutti di caratura elevata? Difficile fornire una risposta a priori, anche se per puntare al bersaglio grosso, cioè il titolo, è preferibile disporre di poche carte ma tutte di alto valore.

Quella (S)volta che: DAZN e quando il gioco non vale la candela

I precedenti


 Se invece si guarda ai piazzamenti, nelle singole gare e nella classifica finale, allora un numero ristretto appare penalizzante perché le opportunità sono minori. E se per una volta l’Italia godesse di entrambe le opzioni? È questa, infatti, l’impressione che si ricava guardando la entry list del mondiale Supersport, in cui figurano dieci italiani, diversi provenienti dalla Moto2 iridata, dove hanno ottenuto risultati inferiori alle aspettative.

Un numero che stride con gli organici altrui perché nessun altro Paese ha più di due piloti, soglia a cui si fermano britannici, australiani, turchi, olandesi, spagnoli, francesi e svizzeri. Sperare che almeno cinque dei nostri portacolori figurino nella Top 10 stagionale non è un’utopia, anche se non sarebbe un record. Nel 1998, quando il campionato prendeva il nome di Supersport World Series, i nostri piloti dettarono legge: Fabrizio Pirovano si laureò campione precedendo Vittoriano Guareschi, con Paolo Casoli in quarta posizione, Massimo Meregalli in quinta, Cristiano Migliorati in sesta e Giovanni Bussei in nona. Unici intrusi tra i dieci il francese Stéphane Chambon terzo, lo spagnolo Pere Riba settimo, l’olandese Wilco Zeelenberg ottavo e l’austriaco Robert Ulm decimo.

Quell’anno l’inno di Mameli suonò in otto round su dieci: fecero eccezione il Nürburgring e Kyalami dove fu eseguita la Marsigliese per i successi di Sébastien Charpentier e Chambon. Furono sette le pole position italiane e due i podi interamente tricolori, a Misano e Monza. Anzi, in Brianza, l’Italia fece poker con Pirovano vincitore per mezzo secondo su Migliorati, Guareschi e Meregalli. Malgrado queste prestazioni, sette dei primi dieci del campionato non trovarono spazio in Superbike e furono costretti a restare in Supersport l’anno dopo.

Fecero eccezione Guareschi, che andò ad affiancare Noriyuki Haga sulla Yamaha R7, Ulm con la Kawasaki-Bertocchi Gerin, e Bussei che disputò cinque round come wild card. D’altro canto, ai tempi il ricambio generazionale nella classe regina delle derivate di serie era ai minimi termini, complice una notevole stabilità di rendimento dei top rider: i primi sette della Superbike 1998 monopolizzarono le stesse posizioni anche nel Mondiale del 1999, con Carl Fogarty sempre campione.

Degli uomini-copertina salutarono la compagnia, nell’inverno del 1998, James Whitman per l’acerba Modenas 500, Scott Russell e Neil Hodgson per rigenerarsi in patria. Al loro posto sbarcarono il citato Guareschi e il giapponese Katsuaki Fujiwara mentre Andreas Meklau passò da un impiego part-time a uno a tempo pieno.

Le speranze italiane


La speranza dei dieci italiani in Supersport è anzitutto di far bene e poi sperare che l’anno prossimo si liberino numerose selle in Superbike, per ripetere il percorso compiuto di recente da Andrea Locatelli, Lucas Mahias, Philipp Öttl e Luca Bernardi. Peraltro quest’anno, dopo la sostituzione in extremis di Isaac Viñales con Roberto Tamburini nel Team Motoxracing, l’Italia è la forza numero uno anche in Superbike con quattro piloti, a fronte di tre britannici e spagnoli. E pensare che nelle ultime tre stagioni i britannici titolari sono sempre stati sei e non scendevano sotto quota cinque dal 2009: quell’anno il migliore fu Jonathan Rea quinto, con Leon Haslam sesto, Shane Byrne ottavo e Tom Sykes nono. L’anno precedente, tra i 25 piloti che corsero l’intera stagione non ce n’era però nemmeno uno.

C’erano invece cinque spagnoli e altrettanti italiani ma il contingente più numeroso fu quello giapponese con sei piloti che si aggiudicarono dieci manche. L’unico loro erede è Kohta Nozane, tre Top 10 in 34 manche corse, con un 7° posto come miglior risultato. Poco per sperare nella riscossa nipponica.

Quella (s)volta che: Adam Raga, l'altra stella del Trial

  • Link copiato

Commenti

Leggi motosprint su tutti i tuoi dispositivi