Chini (Honda): “La SBK funziona, serve fiducia”

Chini (Honda): “La SBK funziona, serve fiducia”

Il manager della Casa alata parla a tutto tondo del momento del campionato, dei piloti, del pubblico e delle strategie future del campionato

02.08.2016 18:53

Da due anni ha preso il posto di Carlo Fiorani come figura di collegamento tra la Casa madre e la squadra guidata dai Ten Kate. In Marco Chini, il manager romano aveva visto la persona giusta e in grado di coordinare al meglio, sia dal punto di vista tecnico che logistico e organizzativo, uno dei team più vincenti della storia del circus

“Carlo per me è un punto di riferimento, ho imparato molto da lui e lo considero un esempio”. Marco Chini, World SBK Operations Manager di Honda, risponde in modo sincero e diretto (come da sua natura) tra una telefonata e l’altra di Ronald Ten Kate e dei suoi piloti (è di oggi la notizia ufficiale di Bradl ingaggiato da Honda al posto di Van der Mark). Ne ha fatta di strada, dai tempi delle modifiche dei motorini nel garage di casa (a Roma, anche lui) degli studi scientifici, di Ingegneria lasciata a metà e di tanta… gavetta tra mille officine e reparti corse di “quelli che contano”.

- Per il 2017 vi siete appena assicurati Stefan Bradl dalla MotoGP...

"Ci siamo cercati spesso nel recente passato. Nelle sue prime stagioni di MotoGP con la Honda, da privato, arrivò spesso tra i primi cinque e con quei rivali non era di certo facile... Stefan è molto forte e noi ci crediamo davvero"

- Tra i mille impegni di ogni giorno, ti sei fatto un’idea di quale potrebbe essere la ricetta della Superbike del futuro? Tutti ne parlano, tutti ne scrivono.

“Io credo sia importante dare fiducia ai professionisti che lavorano  con passione e senso di responsabilità. Ho letto molte proposte eclatanti in giro, negli ultimi tempi e credo che la filosofia Honda, quella dei piccoli passi e della necessità di affrontare i problemi con “calma”, facendo una cosa alla volta, sia quella giusta. La SBK cambia ogni anno, dalle formule delle prove ai giorni di gara, passando per la cancellazione di una categoria. Chi ha preso queste decisioni non l’ha certo fatto a cuor leggero.  E’ importante che le autorità preposte si confrontino con i Costruttori e gli operatori ma poi bisogna lasciarli lavorare in un clima di fiducia reciproca. Qui invece ognuno vuole fare il lavoro degli altri e si finisce troppo spesso a fare polemiche da “bar sport”.

- Dovremmo quindi fidarci di chi ci dice che la formula delle due gare “separate” funziona?

“Prima di fare questa scelta, Dorna si è confrontata con gli esperti del settore e poi ha deciso. Dati alla mano, la domenica rimane stabile mentre sabato cresce. Hanno avuto ragione loro. Non si deve fare polemica per forza”.

- Credi che l’obiettivo primario della Superbike dei prossimi dieci anni sia aumentare la visibilità?

“Credo di si. La copertura mediatica c’è ma in tanti Paesi il nostro mondiale si vede solo su Eurosport, che è un’emittente di nicchia vista solo da sportivi. In Italia, invece, le gare vengono trasmesse su un canale popolare e il bacino potenziale è più ampio. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: gran parte degli sponsor del campionato sono italiani e questo vuol dire che la strategia messa in atto a “casa nostra” funziona. La tv in chiaro, che strizza l’occhio a tutti, fa ancora la differenza”.

- E allora perché c’è questo pessimismo, tra appassionati e addetti ai lavori?

“E’ un problema generazionale: c’è uno zoccolo duro di appassionati nostalgici della doppia gara nello stesso giorno e che si scaglia contro la scelta della Dorna solo perché è legata alle emozioni del passato. Faccio anche io parte della generazione dell’età d’oro della motocicletta dove i numeri delle vendite di supersportive facevano girare la testa. Il mercato è cambiato e credo sia nostro compito “traghettare” la nostra grande passione alle nuove generazioni.  Se ci ridurremo a difendere le nostre emozioni giovanili contro format che vanno incontro ai cambiamenti in corso finiremo per rischiare di ridurre ancora di più la nicchia degli appassionati. E poi ci sono gli addetti ai lavori, anche molti giornalisti che hanno un atteggiamento sbagliato. E’ più facile dire che va tutto male perché è difficile proporre soluzioni concrete ed è più sensazionalistico fare un titolo negativo. Se scrivi che va tutto bene non ti legge nessuno. E’ un cane che si morde la coda… ”

- Quindi serve un approccio diverso? Più al passo con i tempi?

“Certo. Partiamo dal presupposto che le gare non moriranno. E’ dai tempi dei Romani e del Medioevo che l’uomo gareggia “cavalcando” qualsiasi cosa. Prima erano i cavalli, poi sono arrivate le bici e poi le moto. Bisogna solo capire in che modo attirare le nuove generazioni di appassionati di gare, quelli che a causa delle mode o della crisi non arrivano più in circuito in sella alle supersportive da 20.000 euro ma che seguono le sfide dalla tv o dallo smartphone, magari mentre stanno al bar con una crossover da 8.000 o l’SH parcheggiati di fuori. La sfida trovare modelli di due ruote adatte alle generazioni future: magari non saranno le maxi da 200 cv ma le elettriche… chissà.  L’importante sarà interpretare in maniera giusta sogni e bisogni delle nuove generazioni poi le vendite torneranno da sole.  Noi saremo sempre qui a promuovere il prodotto attraverso lo spettacolo dello sport”.

- Come sta la Superbike?

“La Superbike è in trasformazione per tutti i motivi che abbiamo già discusso. Il regolamento così com’è funziona ed è equilibrato. Credo che spostarsi sempre più verso le stock possa limitare il potenziale di intervento di ogni singola Casa e soprattutto lo sviluppo e le sponsorizzazioni delle aziende di aftermarket. Ridurre i costi va bene ma fino ad un certo punto. A proposito di costi, credo che il promoter del campionato debba fare del suo meglio per curare ogni singolo dettaglio che possa influire sul contenimento dei costi complessivi. Non credo che il risparmio di poche migliaia di euro in limitazioni sul regolamento tecnico possa influire in maniera decisiva.  Vedrei più efficace una maggiore cura nel decidere il calendario delle gare e la logistica delle trasferte oltre oceano.  La MotoGP, per esempio, accorpa insieme due o tre trasferte nella stessa area geografica invece di “costringere” i team a tornare in Europa dopo ogni singolo round per poi ripartire  nuovamente per una tappa che si trova dall’altra parte del pianeta”.

- La SBK funziona più della Moto2?

“Assolutamente si. Dopo la MotoGP ci sono le derivate. La Moto3 dovrebbe costare di meno per invogliare sempre più Case ad investire e la Moto2… così com’è è un suicidio: costa uno sproposito ed è difficile da capire dai meno appassionati: se seguo un campionato dove giocano Roma A, Roma B e Roma C ma con maglie diverse non mi appassiono perché non mi identifico. Ci vuole semplicità e il sapore della sfida: Honda contro Yamaha, Ducati, Aprilia etc. E accorpare due campionati non è la strada giusta, per me”.

- E il livello dei piloti della Superbike? E’ quello di cinque/sei anni fa?

“Il livello è molto alto, la distanza è data solo dal budget diverso rispetto alla MotoGP ma sono convinto che uno come Rea, nell’altro campionato, potrebbe fare molto bene. Vedendola da italiano, è triste non avere i “nostri” tra i protagonisti. Ma questo è un problema di vivaio e di investimenti sia a livello federale sia a livello di Case. E’ vero che nel mondiale Moto3 ne abbiamo molti pronti al ricambio generazionale ma nelle derivate di serie sono pochi i talenti pronti ad essere i protagonisti della SBK del futuro. Quando si facevano le selettive, negli anni Ottanta e Novanta, i primi 3 su 200 emergevano e andavano nel Motomondiale ma dal quarto al decimo si lanciavano nelle derivate di serie e facevano bene perché erano talenti. Oggi non lo sono proprio perché non sono costretti ad emergere tra tanti. Poi per quanto riguarda le derivate di serie c’è anche un problema di identità che cambia da Paese a Paese. Gli idoli dei giovani che oggi si avvicinano alla velocità sono diversi a seconda dei Paesi di appartenenza. Italiani e spagnoli vogliono giustamente diventare Rossi o Marquez e quindi si avventurano nei prototipi. In Inghilterra, dove i piloti di maggiore successo sono nella SBK, i campionati dove competono le derivate di serie sono pieni di giovani promesse”.

- Come sarà la nuova CBR pronta a debuttare nel 2017?

"Non ci sono dubbi sul fatto che Honda sappia disegnare e realizzare motociclette.  Quando arriverà la nuova supersportiva sara’ sicuramente un passo avanti rispetto al CBR che stiamo utilizzando ora.  Se riusciamo ad andare con una certa costanza sul podio  con la CBR di oggi posso essere fiducioso che saremo ancora pià competitivi con la CBR di domani”.

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