SBK: Yamaha, l'anno della verità

SBK: Yamaha, l'anno della verità© GPAgency

Iwata schiera una R1 rivista e corretta e il contingente di piloti più giovane del campionato. Basterà per eliminare il falso storico di una grande Casa raramente protagonista tra le derivate di serie?

19.02.2020 13:01

La volta buona?


Dal rientro in forze in SBK, Yamaha ha speso parecchio denaro e, forse, i risultati non corrispondono all’impegno dedicato al progetto relativo alle moto derivate di serie. 

Perché affermiamo questo? Per un motivo semplice: quando i vertici di Iwata decidono di esserci, non si accontentano di partecipare. A Iwata vogliono, o vorrebbero, vincere sempre. Facile non é, ma l’obiettivo è il numero 1. Se prendiamo la MotoGP come esempio, l’arma totale messa in pista si chiama M1, ovvero, Mission One, come John Kocinski, collaudatore di finitura del primo progetto, aveva dichiarato. 

Sarà Van Der Mark l’uomo giusto per la missione SBK? Michael ha vinto due campionati, Stock 600 e Supersport, aggiudicandosi il posto nella 1000. L’esordio nel 2015 fu per lui con il team Honda. Con la CBR, seppur datata, l’olandese poteva guidare aggressivo, rischiando quando e come sapeva ma, a conti fatti, arrivarono tanti bei podi (10) senza il gradino più alto. 

Passato sulla R1, VDM disse che le diverse caratteristiche del quattro cilindri in linea, a scoppi irregolari, richiedevano uno stile più morbido e meno estremo. Prese le misure, finora per il numero 60 contiamo tre successi di tappa e ulteriori 16 podi, con il terzo posto finale del 2018. Lo scorso anno è andata meno bene, quarto alla fine esattamente dopo il partente Lowes. Va detto che sulle spalle di Michael è pesato il volo rimediato a Misano, dove non ha gareggiato, e dove arrivava reduce dal trionfale weekend di Jerez, con due secondi e un primo posto.

Dall’altra parte del garage, è arrivato Toprak, un vero e proprio “cavallo di Razga”. Il turco è dotato di un repertorio vastissimo: sa andare forte, attacca, non ha paura di nessuno. Chiedete a Jonathan Rea, battuto due volte nel 2019 dalla furia numero 54 con una Kawasaki, quella del Team Puccetti, a cui Razgatlioglu ha regalato il titolo “indipendenti”.

Tuttavia, Razgatlioglu non vanta l’esperienza del Cannibale e deve ancora scoprire il mondo Yamaha. Oltrettutto, lui è abituato a essere l’unica punta del team, con ogni attenzione e sforzo pensati e scelti in base alle sue esigenze. Saprà convivere con Van der Mark?

Il pupillo di Sofuoglu somiglia molto a Kenan: silenzioso, cocciuto, con una prossemica basata sulle azioni in pista e poche ciance. Chance, ne avrà tante, Razgatlioglu, perché in Yamaha lo hanno preso per provare a battere la Kawasaki, ma anche la Ducati, la Honda e la BMW. Insomma, per vincere il mondiale che manca da troppi anni.

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