SBK, Carl Fogarty: cosa dicono di lui gli altri piloti

SBK, Carl Fogarty: cosa dicono di lui gli altri piloti© GpAgency

L'icona della Superbike raccontata da alcuni suoi avversari dell'epoca e dai piloti di oggi che rivedono in Carl una figura a cui ispirarsi

Motosprint

04.05.2021 19:26

Pierfrancesco Chili


La gente ricorda il nostro feroce duello di Assen, concluso con un litigio, ma poi io e Carl abbiamo fatto pace. Tutt’ora ci sentiamo e ricordiamo le grandi sfide condivise in pista. Quel paddock era diverso dall’attuale, ognuno di noi era più puro e spontaneo, Fogarty non faceva eccezione. Con il tempo ho imparato ad apprezzarlo e la cosa è stata reciproca, infatti quando mi reco in Inghilterra lui mi ospita a casa sua”.

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“Carl è stato un eroe nel Regno Unito, in un periodo in cui la Superbike era su tutte le TV nazionali. Era amato da tanti, ma odiato da parecchi, perché aveva grande carattere. Io provo un grande senso di rispetto per lui: mio padre ha corso contro Foggy al Tourist Trophy sull’Isola di Man. Li ho visti parlare e mi sono sentito elettrizzato. Tutt’ora mi sento con Carl, è una persona divertente. Grazie a lui la SBK ha acquisito popolarità, specialmente nel nord Europa.

Chaz Davies


“Sono cresciuto ammirando Carl in TV, le sue imprese erano incredibili. Nel Regno Unito Foggy era un idolo, ritenuto forte e ‘cattivo’ nella guida. Ripensando alle sue numerose vittorie, mi sembra evidente come la caratteristica principale del campione fosse la determinazione. Nessuno era caparbio quanto lui, un esempio da seguire e imitare”.

Simon Crafar


“Con Carl ci si divertiva, perché sapevi che in pista lui non recitava né faceva calcoli. Ne ho affrontati tanti di rivali, lui era quello in grado di ottenere risultati apparentemente inarrivabili. Fogarty era dannatamente veloce, soprattutto cocciuto. Per lui contava soltanto il primo posto e, per conquistarlo, ci metteva del suo. La Ducati era super competitiva ma, se guardiamo le classifiche, la sua era quella che finiva più spesso in alto negli ordini d’arrivo”.

Virginio Ferrari


“Carl era tutto: il più pauroso e il più coraggioso, il più divo e antidivo, allo stesso tempo. In sella era una bestia, ma va precisato come in quegli anni la Ducati fosse una grande moto. Assieme abbiamo lavorato bene, centellinando ogni modifica. La 916 era sensibile alle regolazioni, ci vollero tante prove per trovare il giusto assetto, e due titoli vinti di fila nel 1994 e 1995 dimostrarono la bontà del nostro pacchetto”.

Scott Russell


“Ho odiato e al tempo stesso amato Carl. Odiato perché era veloce e aggressivo. Amato, per la sua voglia di spingersi oltre. Perché quel suo pregio ha aiutato pure me, Fogarty mi ha reso sempre pronto a dare di più. Ci siamo ‘beccati’ più volte in pista, poi abbiamo condiviso bei momenti nel paddock. L’unica sua pecca? Aveva una Ducati super veloce. Con la Honda faticò di più, ma con la Rossa era davvero tutt’uno”.

Aaron Slight


“Quando Carl arrivò al mio fianco alla Honda, sapevo che avrei avuto una gatta in più da pelare. E così fu. Però, con Foggy in squadra, mi resi conto di quanto fosse cresciuto in competitività il nostro Team Castrol. Fogarty era veloce, lo abbiamo visto tutti, ma era anche dotato di grande carisma. Ricordo una Brands Hatch completamente colorata dalle bandiere inglesi. Ancora non so come io e gli altri suoi rivali ne uscimmo indenni”.

James Whitham


“Carl e io eravamo avversari ma amici. Ricordo le tante occasioni in cui, prima di una partenza, lui veniva da me a confrontarsi. Addirittura, Foggy mi chiedeva consigli. Lui era molto forte e competitivo, le sue marce in più erano la Ducati, con cui ha vinto tantissimo, e sua moglie Michaela. Quando nessuno riusciva a calmarlo, ci pensava lei. E i risultati arrivavano puntuali”.

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Foggy proveniva dal nord dell’Inghilterra, un posto di grande tradizione motociclistica. Sappiamo quanto Carl abbia vinto in pista e i complimenti ricevuti sono più che meritati. Io, invece, ho una visione differente: le sue vere imprese sono state sull’Isola di Man. Al Tourist Trophy lui faceva paura e non aveva paura. Quelle gare, accessibili a tutti, non sono in realtà per tutti. Lui ha vinto in strada e tra i cordoli, trovate un altro pilota così!”.

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