Superbike: Alvaro Bautista, un 2022 da figliol prodigo

Superbike: Alvaro Bautista, un 2022 da figliol prodigo© Ducati Media House

Due anni dopo il divorzio, lo spagnolo e la Ducati hanno celebrato un nuovo matrimonio. Del resto, nessun pilota ha vinto quanto "Bau Bau" sulla Panigale V4 R: basterà per mettere fino al digiuno della Casa bolognese in SBK?

09.01.2022 ( Aggiornata il 09.01.2022 19:23 )

Più che far parlare per i risultati ottenuti con la Honda, Alvaro Bautista ha fatto scrivere pagine dopo aver annunciato il ritorno in Ducati, marchio rappresentato in Superbike nella stagione 2019, l’anno del debutto nella categoria, nonché dell’esordio della Panigale V4 R.

Divulgata la notizia, sono esplosi i commenti dei critici: ha senso che il team ufficiale affidi le proprie speranze al trentasettenne spagnolo, professionista dalla invidiabile esperienza (20 anni sui circuiti iridati), tuttavia ritenuto al tramonto della carriera agonistica e con sulle spalle incombenze familiari non indifferenti? Evidentemente, i vertici di Borgo Panigale, i dirigenti della squadra e lo sponsor Aruba la pensano così: a bordo di un’evoluta V4 R, “Bau Bau” potrebbe ancora giocarsi il titolo, proprio come fece due stagioni or sono, quando contese l’alloro a Jonathan Rea, apparentemente annichilito con la sua Kawasaki fino al round di Donington, teatro in cui il dominatore della prima frazione di campionato cominciò a vacillare, perdendo la leadership a favore del Cannibale.

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Un 2019 iniziato da dominatore. Poi...


Perché fino alla tappa del Regno Unito, il nativo di Talavera de la Reina era riuscito a collezionare una serie impressionanti di vittorie, ben quattordici su diciannove partenze, delle quali 11 consecutive per iniziare la propria storia (e quella della Panigale V4 R) in Superbike. Un vero record per la Rossa derivata di serie che, ricordiamolo, nel biennio 2020 (condizionato dalla pandemia e ridotto a soltanto otto appuntamenti) e 2021 ha messo insieme il seguente numero di affermazioni: 12 marcate da Scott Redding, 2 con Chaz Davies, 4 con Michael Ruben Rinaldi.

Il computo dice 18, due unità in più rispetto al solo Bautista del 2019, che però vinse soltanto due manche nelle ultime 18, un crollo di risultati che non impedì all’iberico di chiudere da vice campione a 498 punti. Meglio di lui, se parliamo di gradini più alti in una sola stagione con la Ducati, soltanto Doug Polen: 17 nel 1991. Tale analisi ha fatto riflettere lo staff di Stefano Cecconi, team principal intenzionato a riportare l’iride alla compagine italiana, più volte avvicinato nel recente lustro, tuttavia mancante dai tempi del 2011 glorioso di Carlos Checa e Althea, binomio che vanta l’ultima corona piloti vestita di rosso.

Viene da pensare, ed è lecito farlo, che box rosso e Bautista (reduce da un biennio alla Honda avaro di soddisfazioni sportive) abbiamo recitato un implicito Mea Culpa. Nel paddock l’opinione comune afferma che nel 2019 sia stato più Bautista a perdere il titolo che non Rea a vincerlo. Significa che la gente pensa che Alvaro avesse già concretizzato almeno mezza impresa, se non due terzi, per poi abbatterla con le proprie mani, a suon di errori e cadute. Senza nulla togliere a Jonathan, gli opinionisti ritengono come nessuno in SBK abbia buttato alle ortiche un’occasione del genere.

Nemmeno Troy Bayliss nel 2002, neppure Noriyuki Haga sette anni più tardi. L’australiano e il giapponese, guarda caso anche loro ducatisti, cedettero agli attacchi lanciati da Colin Edwards e Ben Spies, americani dotati di Honda e Yamaha. Attenzione, però: sia Troy che Nori potevano sentirsi “protetti” da ambiente e datori di lavoro; Bautista, contrariamente, no. A metà del fatidico 2019, infatti, il numero 19 – destino scritto dalle cifre – si sentì destabilizzato da una situazione contrattuale ritenuta poco favorevole: lui faceva molto meglio di Davies, però guadagnava meno denaro. Lui portava al limite la difficile, complicata ed esordiente V4 R, il gallese ancora pensava alla bicilindrica. Alvaro era un rookie in SBK, il compagno di garage conosceva già tutto e tutti. Insomma, l’ex campione 125, protagonista in 250 e nome di spessore in MotoGP, non si sentì adeguatamente valorizzato.

Relativamente c’entra la decurtazione di giri motore patita dalla Panigale, 250 giri agli alti regimi, per una curva di coppia conseguentemente ri-adeguata: a pesare fu soprattutto l’umore di chi saltava in sella, autore di danni a non finire in quel di Laguna Seca (tre “zero” in tre manche), risollevatosi a Portimao, davanti a tutti in Argentina. Quando ormai era troppo tardi, poiché la Ninja aveva già solcato il terreno. E in Ducati si parlava di Scott Redding, papabile nuova punta e in quel momento eroe del British Superbike. Le sicurezze di Bautista vacillarono e, sensazione nostra, le parti corsero da separate in casa. Come si poteva battere Rea, il più solido di sempre, colui che non cede nemmeno un millimetro ai rivali? Lo dovremmo, anzi, lo abbiamo chiesto a Toprak Razgatlioglu, asso turco capace di svettare a bordo della R1 e infrangere la striscia nordirlandese. Il pupillo di Kenan Sofuoglu ha trovato nel Pata with Brixx assistito da Iwata, la collocazione ideale: ruolo di primo attaccante, palloni serviti su un piatto, possibilità di fare goal in ogni condizione dettata dalle circostanze: piste, assetti, meteo, antagonisti. E tanto relax nei momenti duri, quelli in cui emerge chi sa fare la differenza. Perché è difficile vincere, soprattutto contro avversari di quel livello, se non c’è unità di intenti assoluta.

I quesiti che avvolgono il 2022 di Alvaro


Alvaro troverà i medesimi requisiti? Tecnicamente, i ragazzi Ducati invidiano poco e niente alla concorrenza. La quattro cilindri, nel frattempo, è evoluta o ha subito “pasticci” del caso? Alla domanda risponderà lo spagnolo che, nel novembre scorso a Jerez, ha riassaggiato moto e squadra, fermando il cronometro a mezzo secondo dalla Desmosedici prototipo condotta da Michele Pirro, anch’egli impegnato in Andalusia in test di sviluppo. Appunto, quanto si rivelerà utile per Alvaro l’uscita in un circuito escluso dal calendario 2022 a causa di un buco economico? Ritrovare automatismi era comunque importante per Bautista, ora in “letargo” invernale insieme a riflessioni del genere: nel 2019 ha perso lui o ha vinto Rea? La Ducati tolse serenità al pilota e oggi prova a riguadagnarne fiducia? Precisiamo che la stagione al via da Aragón sarà una sorta di ultima chance per Alvaro e, senza voler esagerare, per la Ducati.

Il resto della griglia non è rimasto con le mani in mano, quindi pilota e team dovranno tenere i piedi ben a terra qualora dovessero centrare successi uno in fila all’altro. Ce la faranno?

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