Marco Lucchinelli, l'uomo delle prime volte Ducati

Marco Lucchinelli, l'uomo delle prime volte Ducati© GpAgency

Lucky accompagnò le idee di Castiglioni agli albori: da pilota, regalò alla Ducati il primo successo in Superbike, da manager le portò il primo Mondiale, guidando il team con Roche e Falappa, che per farsi ingaggiare ricorse agli effetti speciali...

09.03.2022 ( Aggiornata il 09.03.2022 19:10 )

La strada è stretta e tortuosissima, con curve in rapida successione a strapiombo sul mare da una parte e una parete rocciosa che arriva fino all’asfalto dall’altra. Un toboga pericoloso e insidioso da La Spezia a Tellaro e da La Spezia a Portovenere.

Su questa strada sono nati alcuni dei piloti più coraggiosi e dotati del nostro vivaio. Qui si sfidavano Roberto Gallina, Marco Lucchinelli con Ramon Toracca e molti altri. Molto spesso all’arrivo Lucchinelli aveva la giacca strappata e le spalle scoperte e insanguinate perché per tagliare meglio le curve andava ad appoggiarsi sulle rocce vive della montagna. E comunque era sempre il primo. Guidavano di tutto, dalle agili Suzuki due tempi 380 fino alle Laverda 750 già elaborate da Gallina.

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Le avventure di Lucky


Lucchinelli vinceva con tutto e contro tutti e incoraggiato da queste pericolosissime galoppate stradali decise ben presto di passare alla pista, diventando in pochi anni uno dei piloti da GP più talentuosi e veloci del Mondo.

Nel 1981, in sella a una Suzuki Gamma 500, proprio di Gallina, conquistò il Mondiale della classe regina che all’Italia mancava dai tempi di Giacomo Agostini. Un’impresa epocale e storica che lo proiettò all’attenzione del mondo motociclistico e non. Divenne Lucky e andò a cantare a Sanremo per poi passare da campione del Mondo nel 1982 alla Honda che, stanca dei pochi risultati della magnifica NR 500 Oval Pistons a quattro tempi, aveva allestito in fretta una agile e veloce tre cilindri 500 a due tempi. In gara, Lucchinelli si accorse subito che la sua vecchia Suzuki guidata da Franco Uncini era ancora un bel missile e proprio in un duello contro il recanatese si infortunò a un piede.

Ma forse il problema maggiore era il suo nuovo compagno di squadra, Freddie Spencer, mostruoso talento che guidava danzando questa tre cilindri Honda, portata al titolo l’anno successivo. Lucky iniziò a collaborare con Claudio Castiglioni, che stava sviluppando grandi progetti e bellissime moto. Dalla Cagiva quattro cilindri 500 due tempi a una vera e incredibile rivoluzione in casa Ducati. Soltanto sette anni dopo il titolo, Lucchinelli venne coinvolto dal vulcanico Castiglioni a guidare lo sviluppo di un progetto folle ideato assieme all’ingegner Massimo Bordi, una vera Mission Impossible.

Il progetto riguardava la bellissima Ducati 750 del leggendario Fabio Taglioni, che aveva già ottenuto ottimi risultati e vittorie grazie al telaio in traliccio di tubi e al bellissimo motore due cilindri a L due valvole Desmo ad aria.

Su questa base decisero di mettere quattro valvole con comando Desmo, raffreddamento ad acqua, accensione e iniezione elettronica. La cilindrata fu portata a 851 cm³ e con molto coraggio decisero di farla debuttare con Lucchinelli alla guida – lui che l’aveva portata al successo alla Battle of the Twins di Daytona – e con Nepoti e Caracchi ai box il giorno di Pasqua del 1988 a Donington, nella prima gara della storia del neonato mondiale Superbike. Un Mondiale nato per far scendere in pista le migliori moto sportive che si potevano acquistare dal concessionario.

Da Donington al Mondiale 1990


La Honda correva con la bellissima RC30 quattro cilindri a V, Yamaha, Suzuki, Kawasaki e Bimota erano quattro cilindri frontemarcia. Era un Mondiale molto strano perché per la prima volta sulle piste si sentiva il rombo di questi possenti motori a quattro tempi invece dello stupendo sibilo dei motori racing due tempi. L’esito di quella prima gara fu davvero eclatante perché le due manche andarono a piloti italiani su moto italiane.

La prima a Tardozzi sulla Bimota e la seconda a un fantastico Lucchinelli sulla Ducati 851. Marco arrivò commosso al traguardo per l’inattesa vittoria che lo lanciò come uno dei pionieri di questa categoria, convincendo Castiglioni a proseguire la folle avventura.

Dopo questo debutto si decise di promuovere nel 1989 Lucchinelli nel ruolo di team manager e ingaggiare il francese Raymond Roche come pilota insieme a Sarre Monti.

La moto era velocissima ma si fermava troppo spesso per problemi elettronici. Così anche la seconda stagione andò a Fred Merkel con la Honda del Team Rumi. Ma non mancarono ugualmente momenti passati alla storia: mentre andava in auto verso Misano per la gara italiana, Marco si vide aprire lo sportello di destra da un motociclista che mise il casco dentro la macchina urlandogli “Ciaoo Marcooo!”. Poi chiuse e ripartì impennando in piedi.

Arrivato al casello Marco rivide fermo quel motociclista e lo bloccò subito, chiedendo chi diavolo fosse. Il pilota misterioso si levò il casco e spuntò Giancarlo Falappa, debuttante con la Bimota. Per fortuna Lucchinelli comprese subito il potenziale del marchigiano e lo ingaggiò da ufficiale per la stagione 1990.

Una stagione storica perché arrivò il primo titolo mondiale Superbike per la Ducati gestita da Lucky e pilotata da Roche. Da quella prima vittoria la Ducati è stata la maggiore antagonista, anzi l’incubo, dei colossi giapponesi in questo Mondiale diventato in brevissimo tempo una categoria seguitissima e amatissima. E Lucchinelli assieme a personaggi mitici come Bordi, Nepoti, Caracchi e Domenicali è stato uno dei principali artefici della storia Ducati in SBK.

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