Da un piccolo garage a due titoli mondiali: la storia di ParkinGO

Da un piccolo garage a due titoli mondiali: la storia di ParkinGO

Giuliano Rovelli racconta gli inizi, le vittorie con Davies e punta sulla stella Manuel Gonzalez

03.02.2020 ( Aggiornata il 05.02.2020 10:42 )

Un piccolo garage, attrezzi sparsi qua e là ed una moto preparata con cura, in attesa di essere portata in pista. La storia del team ParkinGO nasce dalla voglia e dalla passione di Giuliano Rovelli, ex pilota e attuale imprenditore di successo,

Da Varese al tetto del mondo, in un crescendo rossiniano, costituito da passi lunghi come le gambe, costrutto, metodo e risultati decisamente incoraggianti: “Se penso come abbiamo iniziato - il racconto di Rovelli - mi sembra passato molto tempo, in realtà la nostra ascesa è stata rapida, grazie al lavoro e piloti velocissimi, scelti con cura ed attenzione. Furono i podi conquistati a darci la forza per andare avanti e, devo dirlo, i ragazzi con cui ho lavorato erano fantastici”.

Piloti tutti forti e carismatici, hanno vestito i tuoi colori.

“Sì, voglio ricordarli tutti, spero di riuscirci, perché ho voluto e voglio ancora bene ai piloti con cui ho lavorato. Iniziammo con la Triumph 675 ed il primo fu Ivan Clementi, che tanto ha fatto bene nel CIV Supersport e poi nel mondiale. Jason Di Salvo, newyorkese estroso e di talento; Garry Mc Coy, australiano spettacolare e con noi sul podio. Gianluca Nannelli, forte, fortissimo. David Salom, ora team manager. Roberto Rolfo non ha bisogno di presentazioni, Chris Iddon era il suo compagno di box. Poi la coppia formata da Luca Scassa e Chaz Davies, con relativo passaggio a Yamaha”.

Passaggio rivelatosi vincente.

“Proprio nella Supersport 600 vincemmo il campionato con Chaz. Avevamo le R6, preparate da noi e poi affidate al gallese e a Luca Scassa. Su dodici gare complessive, ne abbiamo vinte nove, ottenendo il primo ed il secondo posto, il titolo piloti, quello dedicato al team e l’alloro marche. Insomma, un en plein ripetuto nel 2019”.

Cosa hanno in comune Davies e Gonzalez?

“Almeno un titolo mondiale vinto con noi (ride). Dico uno, perché so quanto sia forte Manuel e, dopo l’affermazione nella Supersport 300, dico che egli abbia il potenziale per ripetersi nella 600. La nostra Ninja bicilindrica era competitiva, lo spagnolo ha saputo sfruttarne le potenzialità. Abbiamo conquistato ancora la vetta, dopo l’ennesimo cambio di marca”.

Continuerete con Kawasaki.

“Ci troviamo bene con la Ninja e con il marchio di Akashi, continueremo quindi la collaborazione nella 300, schierando mio figlio Filippo e Tom Edwards, australiano dal grosso avvenire. Il nostro obiettivo è ripetere quanto fatto nel 2019, mentre nella 600 daremo tempo a Gonzalez. Sono convinto che Manu possa andare forte anche cambiando cilindrata, cioè, andando in Superbike. Vedrete”.

Che ricordi hai della stagione 2012 in SBK?

“Belli, perché facemmo molto bene, anzi, benissimo. Promosso Davies da campione in carica Supersport, passammo ad Aprilia. La nostra RSV4 era semi - ufficiale, l’unica moto ‘satellite’ messa in pista da Noale. Il nostro lavoro ci ha fruttato tre podi ed una vittoria, in Germania. In quel momento, nacque una stella: Chaz. Sempre in quel momento, al team ParkinGO vennero riconosciuti i giusti valori”.

Finito il 2013, un periodo sabbatico, in cui ti sei occupato del tuo principale lavoro e di altre attività. Anni dopo, come è riesplosa la voglia di gare?

“Mio figlio mi convinse ‘dai papà, proviamoci’ ed io accettai. Eravamo tutti insieme su un furgone, lui, me, gli altri due figli. Pochi ma buonissimi. La Supersport 300 si era dimostrata una categoria interessante, ricominciammo da Yamaha, con stimoli rinnovati e mai sopiti. Il team riprese forma, con l’innesto di persone nuove e, sfiorato il titolo 2018 con Mika Perez, ecco il numero 1 lo scorso anno”.

Ed il 2020 come sarà?

“Non posso prevederne i risultati, ma so che, come in ogni stagione affrontata dal team ParkinGO, nel nostro garage regneranno serenità, rispetto, impegno e divertimento. Con questi valori io faccio le corse, altrimenti preferisco starmene a casa. Nel nostro team si deve stare bene, il mio lavoro consiste nel creare una situazione piacevole ed ottimale per ogni membro dello staff”.

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