Balda-Bulega-Manzi, in Supersport per cercare la riscossa

Balda-Bulega-Manzi, in Supersport per cercare la riscossa© GpAgency

L'esperienza fatta di gioie e dolori nel Motomondiale, la possibile rinascita in SSP600: le carriere degli italiani procedono di pari passo

05.05.2022 ( Aggiornata il 05.05.2022 12:31 )

Baldassarri-Bulega


Merito di due talentuosi piloti in cerca di riscatto, e che certamente hanno ancora tanto da offrire al motociclismo: Lorenzo Baldassarri e Nicolò Bulega, due ragazzi che non hanno certo vissuto sul podio spagnolo il loro primo incrocio. Entrambi sono arrivati in Supersport dopo una prima parte della carriera nel paddock del Motomondiale, dove hanno assaporato sia il sapore più dolce che quello più amaro che il mondo delle due ruote può offrire.

Baldassarri ha toccato il cielo con un dito a inizio 2019, quando le tre vittorie in Moto2 nei primi quattro GP della stagione lo avevano automaticamente reso il favorito per il titolo, mettendolo per qualche mese già virtualmente in sella a una MotoGP (la Yamaha-Petronas poi andata a Fabio Quartararo, pensate alle sliding doors...), ma successivamente ha vissuto nella stessa categoria due anni, gli ultimi, difficilissimi. Tanto da pensare di rinunciare a tutto: “Mi sto ripulendo dagli strascichi del passato – ha spiegato Balda – dato che l’anno scorso avevo davvero pensato di smettere: quando a risultati deludenti se ne aggiungono soltanto altri è difficile trovare la forza di risalire. La mia famiglia è stata fondamentale, mi è stata vicina in tutti i momenti più complicati. Ora ho iniziato una nuova ed eccitante avventura, che mi fa stare bene”.

Bulega dal canto suo era arrivato in Moto3 con la nomea di nuovo Valentino: del resto in quel 2015 in cui si aggiudicò il Mondialino del CEV, succedendo nell’albo d’oro a Quartararo (altro incrocio con il campione in carica della MotoGP...) correva con il numero 46 e i lunghi capelli biondi spuntavano dal casco. Impossibile non ripensare alla versione più giovane di Rossi, che in quel momento era il suo mentore. Ma quell’etichetta che poteva inizialmente inorgoglire, fece anche presto a diventare un peso. Come avviene per chi sembra predestinato, e invece il suo percorso verso la gloria inizia a rivelarsi più dissestato del previsto.

Nicolò iniziò bene la sua avventura nella classe d’ingresso del Mondiale, ma poi ecco le difficoltà, un po’ per gli infortuni e un po’ per la stazza non più da Moto3. Da qui la scelta di passare in Moto2, dove la sua statura avrebbe trovato il posto giusto per essere una virtù e non più un problema, ma nemmeno in quell’occasione le cose sono andate come sperato, con un vortice di difficoltà quasi infinito ad avvolgerlo. Sono consapevole di aver raccolto meno del previsto nelle ultime stagioni – l’analisi di Bulega, ora sulla Ducati 955 V2 di Aruba – ma sono molto carico per questo nuovo inizio. Essere in un team che ti trasmette la fiducia a volte è fondamentale”.

Un nuovo inizio. Entrambi hanno trovato la loro fonte di resilienza nella Supersport: Lorenzo con la collaudata R6, Nicolò con la debuttante Ducati. Due strade simili ma diverse, che già ad Aragon hanno restituito al motociclismo italiano la versione migliore dei due: Baldassarri ha subito lasciato il segno, trionfando in maniera spettacolare in Gara 1 e sfiorando il bis in Gara 2, Nicolò ha portato per la prima volta una moto Next Generation sul podio della categoria, con un terzo posto in Gara 2 strappato con i denti. E proprio nell’esultanza rabbiosa e liberatoria per il terzo posto si è vista l’importanza di quel risultato. “Non andavo sul podio da tanto (dal secondo anno in Moto3, ndr), quasi non mi ricordavo le procedure. Ci voleva proprio”.

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