La seconda vita del pilota Yamaha: "Lottare per il titolo con l’amico Bulega è una soddisfazione anche perché la Yamaha che guido, per quanto competitiva, è svantaggiata rispetto alle NG"
Il tuo rendimento e l’età, ancora piuttosto giovane per il mondo delle derivate, ti inducono a puntare al salto in Superbike?
“Chiaramente mi piacerebbe molto, ma nel frattempo vorrei almeno godere della possibilità di svolgere un test vero e proprio, visto che al momento ho guidato una 1000 soltanto in allenamento e in configurazione Stock. Sono molto curioso di scoprire se il mio stile di guida si possa sposare con moto più grandi e potenti. Lo dico anche per ragioni di stazza: sulla Supersport non sto male, ma essendo abbastanza alto, forse su una Superbike mi troverei immediatamente a mio agio”.
Il passaggio dal paddock del Motomondiale a quello delle derivate, invece, com’è stato?
“A me non ha dato alcun problema, anzi, come ambiente preferisco di gran lunga quello della Superbike. Dall’altra parte non è sempre facile trovarsi a proprio agio, mentre qui posso essere me stesso ed è un fattore che apprezzo. Il problema è che, con tutti i piloti che stanno compiendo questo passaggio, ci stiamo avvicinando a una situazione simile a quella del Motomondiale, con il rischio che il tutto diventi meno piacevole”.
Questo salto per te non è stato un passo indietro, ma un’opportunità per tornare al top...
“Esatto. Purtroppo, molte persone vedono ancora il paddock della Superbike come una sorta di serie B rispetto ai prototipi, ma per me non è assolutamente così e il passaggio dalla Moto2 alla Supersport non va letto come un salto indietro. Si tratta di campionati differenti, ma sono entrambi campionati mondiali e come tali vanno trattati con rispetto. Io vedo questo step verso le derivate come una grande occasione di rilancio per la mia carriera e credo che i risultati stiano dimostrando che è stata compiuta la scelta giusta. Ora non ci resta che continuare a vincere”.
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