Officina: il raffreddamento è indiretto quando è a liquido

Officina: il raffreddamento è indiretto quando è a liquido

Nel raffreddamento diretto, al contrario, il calore viene ceduto all’aria dalla testa e dal cilindro

25.04.2021 ( Aggiornata il 25.04.2021 20:03 )

Talvolta quello ad acqua viene anche definito raffreddamento indiretto, per differenziarlo da quello diretto. In questo secondo caso il calore viene ceduto dalle pareti della testa e del cilindro direttamente all’aria mentre nel primo viene asportato da un liquido che provvede a trasportarlo al radiatore, dove avviene lo scambio termico con l’aria. Dunque è sempre quest’ultima che in definitiva provvede a “rimuovere” il calore. La cessione dell’energia termica all’ambiente avviene cioè in due stadi: dapprima dai cilindri essa passa al liquido di raffreddamento, attraversando le pareti metalliche, e successivamente viene ceduta dal liquido all’aria grazie a un apposito scambiatore.

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Largo impiego


L’impiego del raffreddamento a liquido ormai è generalizzato, nei motori di alta potenza specifica, e come sono fatti i circuiti tutti gli appassionati lo sanno bene. In questa sede appare opportuno, dopo alcuni richiami sintetici sugli schemi e sui componenti adottati, parlare di un paio di interessanti innovazioni che di recente hanno interessato i sistemi tradizionali. La funzione del circuito di raffreddamento è nota a tutti. Serve a smaltire quella parte della energia termica sviluppata dalla combustione che non è utilizzata e non finisce perduta allo scarico ma viene ceduta dai gas alle pareti metalliche.

Durante la fase di riscaldamento la testa e il cilindro assorbono calore e quindi si riscaldano. Una volta che hanno raggiunto la temperatura di regime però è il sistema di raffreddamento a impedire che possano scaldarsi ulteriormente. È la differenza di temperatura tra la parte più calda e quella più fredda a governare lo scambio termico. La quantità di calore che il fluido refrigerante asporta aumenta mano a mano che cresce la temperatura delle pareti da esso lambite.

Rimozione del calore


Il calore viene rimosso in modi diversi. I gas caldi lo cedono per convezione forzata alle pareti del cilindro e della testa, attraverso le quali esso passa per conduzione; poi il fluido di raffreddamento lo asporta dalla superficie esterna delle pareti stesse nuovamente per convezione forzata. All’interno del radiatore avviene qualcosa di analogo, con il calore che viene assorbito dalle pareti dei tubetti, le attraversa e infine viene ceduto all’aria. Non è tutto qui, però. Occorre considerare che una certa quantità di calore viene ceduta alle pareti del cilindro e della testa anche per irraggiamento e che quest’ultimo entra in gioco pure per quanto riguarda la quantità totale di calore ceduta dal motore all’ambiente esterno. Nel passaggio dall’interno del cilindro al fluido di raffreddamento il calore incontra alcune resistenze termiche.

Le prime con le quali ha a che fare sono dovute al sottile strato di gas stagnante e a quello di olio aderenti alla superficie della canna. Nel passare dalle pareti del cilindro e dalla testa al fluido di raffreddamento il calore incontra un’altra resistenza dovuta allo strato di ossido o alle incrostazioni presenti sulle superfici metalliche interessate. Se il cilindro in lega di alluminio è dotato di una canna riportata in ghisa vi è poi un’ulteriore resistenza termica dove le due parti in questione si uniscono. Per quanto intimo, il contatto non potrà infatti mai essere completo e uniforme.

Oltre ad asportare il calore in eccesso e ad evitare che i componenti del motore possano raggiungere temperature troppo elevate il raffreddamento deve contribuire alla massima uniformità nella distribuzione delle temperature stesse in seno alle strutture metalliche. Nei motori moderni è anche importante che esso consenta un riscaldamento rapido del motore e un accurato controllo termico. Per raggiungere questi obiettivi è fondamentale l’impiego del termostato.

Inoltre va anche detto che col tempo si è assistito a una progressiva riduzione della quantità di liquido refrigerante presente nel circuito e quindi anche nelle intercapedini del motore. Il termostato potrebbe anche venire eliminato adottando una pompa elettrica controllata dalla centralina, ma in effetti anche quando viene impiegata quest’ultima esso in genere ècomunque presente. Nei motori da competizione a regime in genere la temperatura dell’acqua è sensibilmente superiore a 100 °C. Perché ciò sia possibile il circuito deve lavorare in pressione. Se quest’ultima fosse quella ambiente l’acqua infatti bollirebbe. Anche l’aggiunta del glicol (cioè il consueto antigelo impiegato nei motori di serie) innalza la temperatura di ebollizione. Nei motori di Formula Uno aspirati dei primi anni Duemila a regime l’acqua lavorava a circa 130°C.

Una maggiore differenza di temperatura con l’aria ambiente determina uno scambio termico più vigoroso e consente perciò l’impiego di radiatori di minori dimensioni. Inoltre lo strato di olio aderente alle pareti del cilindro è piùfluido e quindi offre meno resistenza al movimento dei pistoni. D’altro canto una testa assai calda riduce la resistenza alla detonazione ed impedisce quindi l’adozione di rapporti di compressione molto alti. Appare dunque chiaro che, almeno idealmente, converrebbe avere due diverse temperature per l’acqua del cilindro (più alta) e per quella della testa (più bassa). Per ottenere questo sono stati sviluppati i sistemi di raffreddamento “sdoppiati” (split cooling systems), ovvero con un circuito per la testa e uno per la bancata dei cilindri. Quest’ultima in tal caso non presenta aperture di passaggio acqua in corrispondenza del piano superiore e la sua struttura viene definita dry deck.

Da anni in svariati casi si utilizza il cosiddetto raffreddamento di precisione, col quale si asporta una maggiore quantità di calore dalle zone più critiche della testa, evitando al tempo stesso di asportarne troppo dalle altre zone. Ciò si ottiene riducendo le sezioni di passaggio in modo da aumentare la velocità del liquido nei punti più sollecitati termicamente e indirizzando localmente il flusso in maniera da ottenere una rimozione del calore differenziata.

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