The Test: Triumph Tiger 1200, una moto "cinque in uno"

The Test: Triumph Tiger 1200, una moto "cinque in uno"

Con una corazzata composta da cinque moto, Triumph vuole imporsi nel segmento maxi enduro come il riferimento della categoria

04.05.2022 ( Aggiornata il 04.05.2022 20:05 )

Gli inglesi hanno le idee chiare, non c’è che dire. Durante la presentazione stampa della Tiger 1200 hanno dichiarato senza incertezze che l’obiettivo principale di queste nuove moto è spodestare sua maestà la BMW R 1250 GS dalla cima delle classifiche di vendita. Senza tante ipocrisie.

Un segmento difficile, quello delle maxienduro, in cui non c’è soltanto la GS come player. KTM ha un prodotto ormai più che collaudato e anche Ducati, con la Mutlistrada V4, è entrata decisamente a gamba tesa. Triumph però vuole esserci in una maniera tutta sua, non scontrandosi direttamente con qualcuno e offrendo invece tanta qualità e competenza in ogni situazione di guida. Ecco il perché di così tante moto, tre con cerchio anteriore di 19 pollici, due con il 21. Di fatto una vera e propria gamma, realizzata attorno al motore a tre cilindri con trasmissione finale a cardano.

Quando gli inglesi affermano di avere progettato un modello partendo da zero, c’è da credergli. Così è stato per la recente Speed Triple, così è anche per questa nuova nuova Tiger 1200, che con la precedente versione condivide poco o nulla.

Come già anticipato è disponibile in ben cinque varianti. Le versioni con cerchi in lega da 19 - 18 pollici e sospensioni con 200 mm di corsa sono tre: la GT, la GT Pro e la GT Pro Explorer. Sono quelle pensate per un utilizzo prevalentemente stradale. La Rally Pro e la Rally Explorer, invece, hanno cerchi a raggi da 21 - 18 pollici (tubeless) e corsa delle sospensioni aumentata a 220 mm. Con loro l’enduro non è utopia, anche quello più impegnativo.

Motore ed elettronica


In tutti i casi, le sospensioni sono delle semi attive fornite da Showa e prevedono tra le altre cose la regolazione automatica del precarico dell’ammortizzatore. Le moto condividono un tre cilindri simile a quello della recentissima Speed Triple ma qui c’è la fasatura T-Plane (scoppi irregolari) già vista sulla Tiger 900, che ai bassi regimi simula l’erogazione di un bicilindrico. Il motore (1160 cm3 , 150 CV a 9000 giri/’ e 130 Nm) è collegato a un telaio tubolare in acciaio, al quale è avvitato un telaietto a traliccio in alluminio. Completano la ciclistica il forcellone “Tri-Link” accoppiato al cardano e l’impianto frenante con pinze anteriori Brembo Stylema M4.30.

L’elettronica è completissima e comprende un display TFT da 7” e una piattaforma inerziale a sei assi che, oltre a gestire tutti i controlli disponibili (controllo di trazione, mappature, taratura sospensioni), permette di avere a disposizione anche il Cornering ABS. Le modalità di guida comuni a tutti i modelli sono Rain (con potenza limitata a 100 CV), Road, Sport, Rider (personalizzabile) e Off-Road, mentre per le sole Rally c’è anche la Off-Road Pro. Le versioni Explorer hanno il serbatoio da 30 litri e promettono 600 km di autonomia (400 km le standard); sono equipaggiate di sensore pressione pneumatici e radar posteriore (fornito da Continental, come l’ABS), che tramite un lampeggio sugli specchietti avverte il pilota in caso di presenza di veicoli circostanti.

Ecco i pesi: si va dai 240 kg della GT standard fino ai 261 della Rally Explorer, tutti in ordine di marcia. Che sono esattamente 25 kg in meno della precedente versione. Per quanto riguarda i prezzi, si parte dai 19.300 euro della GT standard fino ai 24.600 euro della Rally Explorer. Va però considerato che Triumph offre praticamente tutto già di serie e quelle che sembravano cifre spropositate diventano incredibilmente ragionevoli…soprattutto se confrontate con le dirette rivali.

Alla guida


Tutte le Tiger 1200, anche le versioni con serbatoio da 30 litri, hanno un aspetto slanciato ed elegante. La Rally poi, con il verde del serbatoio abbinato al bianco del telaio, sembra un grosso rettile pronto ad attaccare. I dettagli sono curatissimi, una prerogativa ormai di tutte le moto del marchio inglese. Un altro punto a favore è il generale livello di comfort. La triangolazione sella-pedane-manubrio è perfetta per piloti di tutte le taglie, con il manubrio largo quanto serve per avere sempre un ottimo controllo. Si sta con il busto dritto, con le gambe vagamente divaricate, in alto ma al tempo stesso ben inseriti nella moto. Ottimo il riparo aerodinamico (la regolazione del plexiglass è geniale), meno le vibrazioni, che però s’intensificano soltanto agli alti regimi. La strumentazione è uno spettacolo di luminosità e chiarezza. Il peso c’è ma in movimento non si avverte.

Semmai l’altezza della sella potrebbe causare qualche grattacapo, soprattutto nel caso della Rally Explorer (875 - 895 mm), alta e pesante. La prima parte del test si svolge su asfalto, lungo una strada ricca di curve. Un banco prova perfetto, che tuttavia ha evidenziato un carattere della moto diverso da quanto atteso. Le carte dicono che il motore sprigiona 150 CV e 130 Nm, numeri da Superbike di qualche anno fa. E in effetti, quando spremuto il tre cilindri esplode in un’accelerazione realmente intensa, quasi feroce. Ma lo è soltanto oltre i 5-6000 giri/’. Al di sotto di tale regime, dove ci si aspetterebbe comunque una notevole forza, c’è invece molta regolarità. È un motore più raffinato che esplosivo, descrizione che calza perfettamente anche alla ciclistica.

Nonostante le dimensioni, la Tiger (soprattutto la GT Pro) trasmette sempre una piacevole sensazione di sicurezza. Non è una moto corta e nevrotica ma si lancia in curva di slancio, con l’avantreno ben piantato a terra e le sospensioni che riescono nel duplice compito di assicurare sostegno e assorbire le irregolarità dell’asfalto. Ogni strada sembra ben mantenuta e al tempo stesso non si avzvertono strani ondeggiamenti in frenata o accelerazione: magie dell’elettronica. È una ciclistica sana, equilibrata, che a dispetto della lunga escursione delle sospensioni consente di tenere ritmi elevatissimi, senza richiedere particolari sforzi al pilota, anche dopo centinaia di chilometri, come avvenuto nel nostro caso. Motore e ciclistica sono perfettamente orchestrati dall’elettronica, che lavora di continuo per ottimizzare la dinamica di guida, senza farsi (quasi) mai sentire. Eccellente la frenata, potentissima all’occorrenza ma al tempo stesso ben modulabile. Solamente quando si esagera con la velocità in ingresso di curva emerge una vaga tendenza al sottosterzo, specialmente nel caso delle più pesanti Explorer.

Off road


La seconda parte del test si svolge esclusivamente off-road, su un percorso che alternava sentieri stretti a ripide salite. E come su asfalto, la maxi Tiger convince, soprattutto per la generale sensazione di qualità. È una moto ben fatta e completa di tutto ed è un tutto che funziona. In piedi ci si trova bene: le pedane non sono avanzate e il manubrio largo offre un ottimo controllo. Soltanto i più alti potrebbero desiderare dei riser ancora più rialzati. Il motore ha un’erogazione pastosa, che in fuoristrada aiuta e chi ha coraggio può godere di una spinta realmente intensa, oltre i 6000 giri/’. Accusa giusto un leggero on-off.

Le sospensioni e il cerchio di 21 pollici sono in grado di superare qualunque ostacolo, senza che l’assetto ne risenta più di tanto. È una moto soprattutto stabile di avantreno, anche in situazioni fastidiose come il fango o i guadi melmosi. E con tutta questa stabilità, il pilota trova facilmente la fiducia per osare, più di quanto ci si aspetterebbe leggendo la scheda tecnica. Sorprendente il livello di trazione: in salita si lancia come un treno in velocità, specialmente se regolata in modalità Off-Road Pro. Nei sentieri più tortuosi fa rimpiangere giusto un baricentro ulteriormente ribassato (i tecnici hanno già fatto miracoli per abbassarlo) e una massa ancora più contenuta ma arrivati a queste considerazioni, bisognerebbe chiedersi perché si è scelta una maxi e non una moto da Enduro specialistica.

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