The Test: Yamaha GYTR, dalle corse ai clienti

The Test: Yamaha GYTR, dalle corse ai clienti

Il programma GYTR consente di elaborare la propria Yamaha come quella di Razgatlioglu, budget permettendo. Ecco la nostra prova al Paul Ricard

24.01.2023 ( Aggiornata il 24.01.2023 11:27 )

Dalle gare al cliente. È questo il concetto dietro la sigla GYTR (Genuine Yamaha Technology Racing). Un progetto che si sviluppa in diverse direzioni: da una parte ci sono gli accessori dedicati a chi va in pista, pensati e progettati esclusivamente per migliorare le prestazioni delle loro Yamaha (R3, R7, R6 e R1).

Dall’altra ci sono i Pro Shop, una rete di punti vendita racing, che oltre a fornire l’intera gamma dei prodotti GYTR, si occuperà del montaggio (attualmente sono quattro in tutta Italia, presto diventeranno sei). Il vantaggio proposto dalla Yamaha, in effetti, è interessante: offrire ai clienti la possibilità di preparare la propria moto da pista con componenti sviluppati direttamente dall’azienda, non dovendo così rivolgersi altrove.

Compri la moto già preparata da pista, con un kit sviluppato direttamente dalla Yamaha, con l’aiuto dei suoi piloti (Niccolò Canepa e colleghi). Niente male, anche considerata l’attitudine sempre più sportiva delle carenate con i semimanubri.

E a proposito di kit: si possono acquistare i singoli componenti racing (che comprendono davvero di tutto, dallo scarico alle sospensioni, passando per freni, motore, elettronica, eccetera) oppure dei kit preconfezionati, offerti direttamente dalla Yamaha. Sono tre per ciascuna sportiva, in ordine di prezzo: Trackday, Evo e Pro. Sul sito web Yamaha ci sono in dettaglio i prezzi di ciascun kit per ciascuna moto e i dettagli delle componenti montate.

Sull’incredibile circuito del Paul Ricard, a Le Castellet, nel sud della Francia, abbiamo provato, in ordine di cavalleria, R7, R6 e R1, sia in versione standard che con kit GYTR, per capire fin dove è possibile arrivare montando i componenti GYTR. Nel caso della 600 si tratta della R6 Race, una R6 standard non omologata per l’utilizzo su strada.

La Yamaha R7


Partiamo guidando la R7, la meno potente del gruppo e anche l’ultima arrivata (è stata presentata l’anno scorso); in questo caso, è equipaggiata con una serie di componenti per un valore di circa 7000 Euro. Un kit che non stravolge la guida ma la migliora nei punti deboli.

La R7 di serie è già un’ottima compagna di cordoli, se parliamo di velocità di percorrenza e bontà della ciclistica, però la GYTR è una vera moto da corsa. La ciclistica è ancora migliore: l’avantreno non “ciondola” se si frena fino a centro curva e il retrotreno è imperturbabile. Anche i freni sono decisamente migliori in ogni ambito (feeling, potenza, resistenza alla fatica), mentre il motore è giusto un po’ più “sveglio”.

È un bicilindrico che diverte ma non emoziona: spinge sempre allo stesso modo, a partire dalla zona bassa del contagiri. Si tratta di un modello sportivo che, a fronte di pochissimo impegno fisico, può regalare badilate di divertimento, anche a piloti esperti. Questo, grazie alla sua incredibile velocità di percorrenza (si frena poco e per poco tempo, favorendo la scorrevolezza a centro curva). C’è così il tempo per concentrarsi su traiettorie, posizione in sella, punti di staccata, cosa che invece non avviene con le moderne sportive di 1000 cm3.

Con questo kit, la R7 può seriamente trasformarsi da moto per imparare a moto con cui guardare il cronometro.

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