Bimota è sinonimo di passione, tecnologia e voglia di costruire qualcosa di diverso. D’altronde i suoi fondatori sono stati Bianchi, Morri e Tamburini, il papà di due capolavori: la Ducati 916 e MV Agusta F4. Nel 1973 Bimota iniziò a costruire moto realizzando i telai e comprando i propulsori. Con queste moto John Ekerold e Virginio Ferrari, tanto per fare due nomi, hanno gareggiato e vinto. La storia della Tesi, invece, inizia negli anni ‘90 con l’arrivo in Bimota dell’ingegnere Pierluigi Marconi, che progettò la Tesi 1D. La storia di questo singolare veicolo è poi proseguita grazie a un equipe capitanata da Andrea Acquaviva, e dal designer Enrico Borghesan, i genitori della Tesi 3D, la protagonista di Misano Adriatico. Come su tutte le moto riminesi, si è fatto largo uso di componenti in lega leggera o ricavati dal pieno, che rendono l’ultima nata nella famiglia Tesi un pezzo da collezione, un oggetto esclusivo, anche nel prezzo (28.550 euro franco concessionario). In questa versione, inoltre, è stata migliorata l’erogazione del propulsore, il bicilindrico Ducati Dual Spark di 1.078 cm3 di cilindrata. È stato fatto un passo avanti anche in termini di guidabilità, che era già ottima sulla Tesi 2D. Guidare la tesi 3D significa entrare in una dimensione parallela: per farlo è necessario avere la capacità di superare certi preconcetti e avere il coraggio di andare oltre i nostri limiti, riuscendo a instaurare un buon feeling con un’avantreno unico nel suo genere.
La posizione di guida è marcatamente racing: la sella è stretta e le pedane sono molto alte e arretrate. In movimento si è costretti a guidare mantenendo il busto piuttosto inclinato in avanti, facendo gravare gran parte del peso del corpo sui polsi. Inoltre la ridotta distanza tra il piano di seduta e lo sterzo garantisce un buon controllo del veicolo. In pista la Tesi 3D è una cavalla di razza che ha un comportamento particolare: la sospensione anteriore, infatti, evita che in staccata si verifichino trasferimenti di carico, rendendo il comportamento di questa Bimota differente da qualsiasi altra sportiva. La Tesi 3D scende in piega con grande prontezza anche alle alte velocità o quando si entra in curva con i freni tirati. Guidare la Tesi è come giocare alla Playstation: sembra incollata al terreno è equilibratissima e molto agile nei cambi di direzione. Quello che all’inizio può mettere in difficoltà è la totale assenza di tutti quei segnali che su una moto “tradizionale” fanno capire quando si sta oltrepassando il limite. La Tesi, al contrario, trasmette tanta sicurezza è più si aumenta il ritmo più si ha l’impressione di avere la situazione sotto controllo. In staccata l’impianto frenante anteriore mette in mostra delle eccellenti doti di potenza e modulabilità, grazie alle quali è possibile entrare in curva molto “pinzati”.
Ottima anche la costanza di rendimento: sul circuito di Misano Adriatico sono poche le moto a non avere problemi di freni. Le nostre impressioni sono confermate dai valori ottenuti nella prova di frenata, dove sono sufficienti 12,81 metri per passare da 60 a 0 km/h. L’impianto frenante posteriore è meno efficace perché ha troppo mordente. Questo fatto, sommato alla mancanza della frizione anti saltellamento, disponibile solo come optional, rende difficile andare oltre i punti di frenata ideali. Una volta inserita in curva la Tesi ha un’incredibile precisione direzionale e arriva in un attimo al punto di corda. Incrementando la velocità d’inserimento aumenta la stabilità del veicolo e il feeling con l’avantreno, che sembra collegato all’asfalto tramite rotaie. Per questo motivo con la Tesi 3D bisogna superare certi blocchi mentali ed entrare molto forte in curva. Generalmente una moto veloce durante la fase d’inserimento in curva non è molto agile nei cambi di direzione, invece la Tesi 3D è efficace in entrambe le situazioni. Il problema con questa Bimota e che il cervello non è mai veloce quanto la moto, infatti bisognerebbe agire con decisione sulle pedane e sui semimanubri, violentando la Tesi 3D in qualsiasi situazione e ritardando molto il momento in cui si inizia la discesa in piega.
A causa dell’abitudine ad avere a che fare con ciclistiche meno rivoluzionarie, almeno all’inizio non è possibile guidare in modo così estremo, per tanto spesso ci si ritrova al punto di corda con largo anticipo, segno che non si stanno sfruttando le potenzialità del veicolo. Sul tracciato di Misano Adriatico, in configurazione standard, la Tesi 3D ha evidenziato un leggero sottosterzo in uscita di curva, facilmente gestibile. Unica nota negativa è una vibrazione avvertibile sull’avantreno all’ingresso del Curvone, che si affronta a gas spalancato a oltre 190 km/h. La vibrazione è probabilmente causata dalla taratura stradale dell’ammortizzatore anteriore. Comunque, al contrario delle precedenti versioni, la Tesi 3D è molto stabile nei tratti veloci.
Il motore ha un’erogazione più fluida ed un maggior tiro ai bassi regimi rispetto alle vecchie unità usate sulle Tesi: il tiro di questo V2 inizia a farsi sentire dai 4.000 giri e diventa entusiasmante dai 6.500 agli 8.500 giri. È possibile spingersi fino a 9.000 giri per evitare di cambiare marcia, anche se in condizioni normali non serve arrivare a tanto. Effettuando delle rapide aperture e chiusure dell’acceleratore non si avvertono fastidiosi strappi di trasmissione, però con le marce lunghe è meglio evitare di scendere sotto i 3.000 giri, dove il motore, come la maggior parte dei bicilindrici di Borgo Panigale, non ha un funzionamento regolare. Nel tratto più veloce del circuito di Misano Adriatico la Tesi 3D ha raggiunto una velocità massima effettiva di 200 km/h (nelle prove strumentali è arrivata a 217,3 km/h, corrispondenti ad un valore indicato dallo strumento di 237 km/h). Il nostro migliore riscontro cronometrico è stato 1’53”00, dato che conferma le nostra idea: questa Bimota, nonostante le sue eccellenti doti ciclistiche, senza un’iniezione di potenza non è in grado di competere con le moderne 600 quadricilindriche supersportive.
Buoni, comunque, i valori di accelerazione sui 400 metri, dove la Tesi 3D ha fermato i cronometri dopo 11”79 (velocità di uscita di 181,30 km/h), un tempo di poco superiore a quello delle supersport nipponiche. Sui 1.000 metri la musica cambia e le quattro cilindri del Sol Levante mettono un bel po’ di metri tra loro e la Bimota. Nella prova di ripresa da 60 km/h la Tesi 3D si difende meglio, senza però riuscire a compiere il miracolo. La Tesi 3D è un progetto interessante e ha le caratteristiche per continuare a essere un’alternativa valida alle moto tradizionali. Se poi in futuro la Bimota regalerà finalmente a questa moto un motore con un po’ di cavalli in più, la Tesi 3D potrebbe diventare una brutta cliente per qualsiasi sportiva.
Estrema,futuristica e compatta, la Tesi 3D è caratterizzata da una sospensione anteriore che limita i trasferimenti di carico in accelerazione e in frenata, sistema che l’ha resa famosa sin dalla prima versione, la 1D, e che garantisce numerosi vantaggi perché mantiene stabile l’assetto della moto in qualsiasi situazione. Nel telaio in lega leggera ricavato dal pieno è stato inserito il bicilindrico Ducati Dual Spark di 1078 cm3 con due valvole per cilindro e raffreddamento ad aria e olio (lo stesso che equipaggia la Hypermotard). I tecnici Bimota non hanno variato né il rapporto di compressione (10:1), né le misure di alesaggio (98 millimetri) e corsa (71,5 millimetri). È stato invece cambiato l’impianto elettrico che gestisce l’iniezione elettronica: è fornito dalla Walbro e dà al pilota l’opportunità di variare le mappature. La Tesi 3D non ha la forcella, infatti all’avantreno, proprio come al retrotreno, c’è un forcellone che lavora con un ammortizzatore. L’altra particolarità dell’anteriore è che nel mozzo è integrato il sistema sterzante, composto da diversi cinematismi, riprogettati rispetto a quelli della Tesi 2D per garantire una maggiore capacità di sterzata.
L’ammortizzatore anteriore della Extreme Tech lavora in trazione, è stato posizionato sotto il motore ed è pluri regolabile. La sospensione posteriore utilizza lo stesso cantilever della SB6R. Il forcellone è costruito utilizzando un traliccio in tubi in acciaio al quale, nella parte finale, sono collegate due piastre in alluminio. L’ammortizzatore arriva dalla Extreme Tech ed è pluri regolabile. Tutto l’impianto frenante anteriore è stato progettato dalla Bimota e realizzato dalla Grimeca: le pinze ad attacco radiale sono state montate il più in basso possibile, la pompa freno è radiale, i dischi hanno uno spessore di 4,5 millimetri e sono collegati alle flange tramite dodici nottolini. I cerchi, infine, proprio come sulle più esclusive moto sportive, sono in alluminio forgiato. Moltissimi i pezzi in fibra di carbonio, come il codone, che è portante. Il comando frizione è idraulico e le leve al manubrio ricavate dal pieno sono regolabili nella distanza dalla manopola. Ricavato dal pieno è anche il comando del gas e le pedane. Promossa la nuova strumentazione: nel contagiri ci sono addirittura una dei led rossi che indicano il regime di rotazione più alto raggiunto dopo aver effettuato il cambio marcia.
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