Prova Novità - Honda VFR 1200F/DCT

E' tanta. Coppia, potenza, comfort, volumi e prezzo sono aumentati

Redazione

09.03.2010 ( Aggiornata il 09.03.2010 10:25 )

La Prova
Ora è una vera GT, che sfida le BMW

È senza dubbio una delle novità di cui più si è parlato, da un anno a questa parte. Si chiama VFR, sigla che ha sempre identificato le ammiraglie tecnologiche del più grosso costruttore di moto del mondo, la Honda. La VFR nacque nel 1986 per diventare un riferimento tra le sportive, poi, dopo il 1992, anno in cui venne presentata la prima CBR, iniziò la sua lenta ma inesorabile mutazione genetica, trasformandosi pian piano in una sport touring. Oggi, con l’arrivo della versione 1200F, questa trasformazione è stata completata, e la VFR è entrata dalla porta principale nel segmento delle moto turistiche di grossa cilindrata, dove fino a oggi BMW ha avuto ben poche rivali. Sicuramente da gennaio, quando la nuova V4 Honda arriverà nei concessionari, qualcosa cambierà. Gli utenti della VFR, infatti, non saranno più gli ex smanettoni che hanno deciso di abbandonare i circuiti per dedicarsi alla guida su strada, ma gli amanti dei viaggi, del comfort, delle prestazioni elevate, della guidabilità e del design, quello riconoscibile al primo colpo d’occhio, non oggettivamente bello ma affascinante, diverso. Insomma, Honda ha avuto tanto coraggio: ha stravolto la VFR per cercare di entrare in un mercato fino a oggi dominato da BMW. Sarà una sfida entusiasmante, che si combatterà a suon di tecnologia. Honda lo sa e per presentarsi preparata sul ring ha messo a punto un innovativo cambio automatico- sequenziale a doppia frizione, che però, molto probabilmente sarà disponibile solo dalla seconda metà del 2010. A livello di elettronica, invece, la Casa tedesca è ancora un gradino avanti, perché, pur non avendo una trasmissione automatica, ha già in produzione sospensioni a controllo elettronico ( ESA) e controllo di trazione (ASC), soluzioni sulle quali Honda sta ancora lavorando nei reparti di ricerca e sviluppo.

Battaglia ad armi pari anche sul fronte del prezzo. Proprio come le BMW, la nuova VFR non costerà poco: i prezzi non sono stati definiti, ma si parla di poco meno di 16.000 euro per la versione standard e di circa 17.000 per la versione dotata di DCT (Dual Clutch Trasmission). LA PRIMAcaratteristica che colpisce in positivo della VFR1200F è la posizione di guida. La sella è stretta, longitudinalmente spaziosa e caratterizzata da un’imbottitura morbida ma non cedevole. Le pedane sono distanziate dal piano di seduta in modo tale da garantire spazio anche ai più alti e, non essendo montate in posizione troppo avanzata, non creano fastidi neppure quando si vuole guidare in maniera sportiva, anche se assicurano una luce a terra da moto turistica, sfregando presto sull’asfalto nelle pieghe più estreme. I semimanubri, piuttosto rialzati, non eccessivamente spioventi ma abbastanza chiusi, consentono di mantenere i polsi in una posizione naturale, che non provoca indolenzimenti neppure nella guida in circuito, dove gestire questa bestiona da oltre 260 chili risulta più facile di quanto si possa immaginare, anche con i pneumatici di primo equipaggiamento! Il serbatoio, infine, ha una forma che favorisce gli spostamenti laterali del corpo. Buona la protezione dall’aria: il plexiglass del cupolino non è particolarmente protettivo ma l’eccellente aerodinamica della moto evita il generarsi di fastidiosi vortici e fruscii sulle spalle e ai lati del casco, a tutto vantaggio del comfort. Ciò che più stupisce, comunque, è il propulsore, un capolavoro di messa a punto, in grado di erogare la potenza massima di una maxisportiva pur essendo sfruttabile come un bicilindrico di media cilindrata. Chiave di accensione sulla posizione “ON”, un tocco al bottone che aziona il motorino di avviamento e questo V4 inizia subito a cantare. È il rombo la prima caratteristica che fa innamorare: cupo, pieno, accompagnato da numerosissime sfumature di scarico e di aspirazione, che lo rendono facilmente riconoscibile.

In sella, agli alti regimi, l’orecchio percepisce un suono prepotente ma cristallino, mentre da bordo pista la VFR sembra una macchina di grossa cilindrata e incute timore. Una volta inserita la prima, invece, si ha l’impressione di essere comodamente seduti sul divano di casa. Nonostante la mancanza del contralbero di bilanciamento, questo V4 vibra pochissimo e ai bassi e medi regimi sfoggia una coppia impressionante. Anche in quinta e in sesta marcia, a soli 3.000 giri, c’è già una discreta spinta e spalancando il gas non si avvertono strappi. Incredibile! Tutto sembra facile e non serve tenere l’ago del contagiri nei pressi della zona rossa per divertirsi, perché tra 5.000 e 7.000 giri c’è già tutto quello che serve … e anche di più. L’erogazione è talmente fluida che inizialmente si ha addirittura l’impressione che il propulsore non abbia la potenza dichiarata. Bastano pochi giri in pista per capire che non è così. Perché il V4 della VFR ha la forza di un toro e aprendo un po’ troppo il gas in accelerazione la ruota posteriore alza bandiera bianca, iniziando a scivolare sull’asfalto. Meglio non esagerare, quindi, soprattutto con la seconda marcia inserita: infatti, a causa della rapida apertura della valvola di scarico, tra 5.000 e 6.000 giri si avverte una decisa entrata in coppia, che innesca facilmente il pattinamento della ruota motrice.

Va segnalato problema non si verifica. Il cardano... non sembra neppure un cardano. In circuito bastano tre tornate e sembra di essere alla guida di una moto con la trasmissione a catena: in piega, anche aprendo e chiudendo rapidamente il gas, non si avvertono la tipica rumorosità e la risposta brusca del cardano. La frizione attacca in maniera molto progressiva e definire precisi gli innesti del cambio è addirittura riduttivo. Cosa volere di più, quindi? Una bella trasmissione automatica-sequenziale in grado di facilitare il compito di chi guida, senza nulla togliere al gusto della guida. Ecco, è proprio questo il nocciolo della questione: il DCT è il primo cambio automaticosequenziale che non fa rimpiangere le trasmissioni tradizionali e che ha senso usare anche in manuale. Noi lo abbiamo testato addirittura in pista, terreno in teoria a lui poco idoneo. Inizialmente bisogna fare l’abitudine alla mancanza delle leve di frizione cambio, poi però, una volta messo a punto l’automatismo della cambiata (i pulsanti per aumentare e scalare i rapporti si trovano sul blocchetto sinistro e vanno rispettivamente azionati con il pollice e con l’indice) tutto sembra fin troppo semplice. Le marce entrano velocemente e il sistema usa la frizione in modo tale da evitare una risposta brusca della trasmissione in accelerazione, mentre in staccata l’inserimento del rapporto viene accompagnato da una leggera accelerata. Il tutto, ovviamente, avviene in maniera totalmente automatica! Portando la moto al limite, in scalata il cambio tradizionale risulta ancora più efficace perché con l’automatico non è possibile innestare velocemente un rapporto dopo l’altro, però dovrebbe essere solo una questione di taratura del software che gestisce la cambiata, non sviluppato per l’utilizzo in circuito. L’unico vero difetto del DCT è la mancanza di una mappatura per l’uso turistico. Utilizzando la modalità automatica, infatti, si possono scegliere solo due tarature, la “D”, che tiene inserite troppo a lungo le marce alte, e la “S”, con la quale invece, il propulsore lavora sempre agli alti regimi.

 

Una moto con un motore del genere non poteva non avere una ciclistica all’altezza della situazione. Va detto che la nuova VFR non è leggera e sia durante le manovre che alle basse velocità la sua massa causa un po’ di imbarazzo. All’aumentare della velocità, però, la musica cambia notevolmente e fin quando non si esagera in accelerazione e in staccata, questa V4 risulta talmente equilibrata da stuzzicare la voglia di andare alla ricerca del limite, di ritardare le staccate, accentuare le pieghe, anticipare l’apertura del gas. Il segreto sta nella azzeccata distribuzione dei pesi. Proprio come sulle CBR, il maniacale lavoro svolto per centralizzare le masse ha sortito effetti sorprendenti. Nei cambi di direzione sembra che tutto il peso del veicolo si trovi sotto il serbatoio e anche quando l’avantreno e il retrotreno iniziano a ondeggiare la situazione rimane sotto controllo. Portare al limite un veicolo da oltre 260 chili con una potenza e una coppia da supersportiva non è il compito più facile del mondo, però in sella a questa Honda sembra possibile. Non è comunque nell’uso al limite che la VFR garantisce le massime soddisfazioni. È quando la si usa al 70% del suo potenziale che ci si diverte davvero. In queste condizioni, infatti, si apprezzano la straordinaria capacità dell’avantreno di raggiungere velocemente il punto di corda, il solido appoggio offerto a centro curva, le reazioni neutre nei cambi di direzione. In poche parole, ci si diverte, perché è possibile guidare senza essere dei domatori

 

In questo meraviglioso contesto, la frenata è l’unica nota stonata. Nonostante meritino un buono in pagella, dai freni ci saremmo aspettati qualcosa in più, soprattutto considerando il livello di eccellenza raggiunto dal motore e dalla ciclistica. Va subito detto che l’impianto della VFR è potente e, come quelli della maggior parte delle Honda, è molto modulabile. Quello che manca è il feeling nell’uso al limite e sulle strade dove non si conoscono le curve. Per modulare al meglio le decelerazioni, infatti, bisogna usare sia il comando al manubrio che quello a pedale. Addirittura, alle basse velocità, è conveniente utilizzare solo quest’ultimo, che comunque mette parzialmente in funzione anche l’impianto anteriore. Su strada i sistemi ABS e CBS, aiutati dalla frizione antisaltellamento, svolgono egregiamente il loro dovere, evitando che la moto si intraversi, anche nelle frenate più decise. In queste condizioni si avverte un leggero ritorno di forza sulle leve, tipico dei tradizionali impianti ABS. Ma Honda ne ha sviluppato uno elettronico che elimina questo problema e che trasmette un maggior feeling in qualsiasi situazione. Perché non montarlo su una moto da circa 16.000 euro e oltre 170 cavalli?


La tecnica
Ha un V4 di 76° tutto nuovo

Il cuore della nuova VFR resta un V4, che però è stato completamente riprogettato e ora non ha più nulla in comune con la precedente unità V-Tech che, nonostante la minore cilindrata ( 800 cm3 contro 1.237 cm3) era più alto e ingombrante a livello longitudinale. Molto diversi anche i caratteri. Il propulsore V-Tech, infatti, dava il suo meglio agli alti regimi, aveva un’entrata in coppia decisa e per questo era senza dubbio più adatto a essere montato su una sportiva che su una gran turismo. Il nuovo V4, invece, è stato pensato per raggiungere obiettivi opposti: tanta coppia disponibile da subito, erogazione fluida e vibrazioni contenute. Per ottimizzare la centralizzazione delle masse, gli ingegneri giapponesi hanno scelto di ridurre l’angolo compreso tra i cilindri a 76- e partendo da questa base hanno poi utilizzato la tecnologia a loro disposizione per incrementare il tiro in basso e ottenere una risposta al gas più pronta. È per questo che sulla VFR è stata adottata la distribuzione Unicam (un solo albero a camme che aziona quattro valvole per cilindro), fino a ora montata solo sulle monocilindriche da cross, che ha anche consentito di contenere le dimensioni delle testate. Sulla VFR, inoltre, debutta l’acceleratore elettronico, che gestisce sia l’apertura che la chiusura delle farfalle, tenendo ovviamente conto delle richieste di coppia fatte dal pilota e dei parametri di funzionamento motore in quel determinato momento. Un’altra particolarità di questo V4 è la configurazione degli scoppi, studiata sia per ottenere un sound caratteristico che per eliminare il contralbero di bilanciamento, risparmiando così peso e riducendo le dimensioni del carter motore. Sulla VFR1200F c’è la trasmissione finale a cardano (sulla vecchia VFR c’era quella a catena), studiata in modo tale da assecondare anche le esigenze degli utenti sportivi.

Per ridurre la rumorosità e rendere meno brusca la risposta all’acceleratore quando si passa da una condizione di gas completamente chiuso a una di gas parzialmente aperto, i tecnici giapponesi hanno progettato con attenzione il sistema dei parastrappi; inoltre, per realizzare un forcellone lungo contenendo l’interasse, l’albero di trasmissione principale è stato montato in posizione molto avanzata, impresa non facile considerando il poco spazio a disposizione, ma possibile grazie alle ridotte dimensioni del basamento. COMEvuole la tradizione giapponese, il telaio della VFR1200F è a doppio trave in alluminio (struttura a diamante). Osservando con attenzione la moto smontata questo telaio sembra più simile a quello di una sportiva che a quello di una gran turismo, perché i travi, stretti e alti, hanno un aspetto molto robusto e sono molto rifiniti, nonostante le voluminose carene li lascino poco in vista. È proprio sulla carrozzeria che Honda ha investito molto tempo in fase di progettazione, realizzando quella che viene definita una carenatura a strati (brevettata), in grado di migliorare l’aerodinamica e quindi il comfort alle alte velocità. Davvero ben fatte le verniciature metalizzate, caratterizzate dalla totale assenza dell’effetto buccia d’arancia. Sulla VFR ci sono sia la frenata combinata (CBS) che l’ABS (non di tipo elettronico, come sulle CBR). Le pinze freno anteriori a sei pistoncini contrapposti arrivano dalla Nissin e sono accoppiate a dischi freno di 320 millimetri di diametro, mentre la pinza freno posteriore a due pistoncini, sempre fornita dalla Nissin, è abbinata a un disco di 276 millimetri di diametro. Numerosi gli optional dedicati: le valigie rigide laterali da 35 litri, il bauletto posteriore di 31 litri, la borsa serbatoio da 13 litri e le manopole riscaldabili. Questi, come tutti gli altri accessori disponibili, sono stati sviluppati da un team che non si è occupato di altro.


Identikit
  • Motore
  • Quattro cilindri a V di 76-, quattro tempi, raffreddato a liquido. Cilindrata 1.237 cm3. Alesaggio e corsa 81 x 60 mm. Rapporto di compressione 12:1. Distribuzione Unicam, quattro valvole per cilindro. Alimentazione a iniezione elettronica PGM-FI. Lubrificazione forzata a carter umido. Avviamento elettrico.
  • Trasmissione
  • Primaria a ingranaggi, finale a cardano. Frizione multidisco in bagno d’olio (doppia frizione) con dispositivo antisaltellamento e comando idraulico. Cambio a sei rapporti (automatico-sequenziale).
  • Ciclistica
  • Telaio a doppio trave in alluminio. Sospensioni: anteriore forcella Showa a steli rovesciati di 43 mm Ø regolabile nel precarico molla, corsa ruota 120 mm; posteriore Pro-Link con forcellone monobraccio e un ammortizzatore Showa regolabile nel precarico molla ( 25 posizioni) e nel freno idraulico in estensione, corsa ruota 130 mm. Freni con ABS/ CBS: anteriore due dischi semi-flottanti di 320 mm Ø con pinze radiali Nissin a sei pistoncini e quattro pastiglie; posteriore un disco di 267 mm Ø con pinza Nissin a due pistoncini. Pneumatici: anteriore 120/70 ZR17M/C (58W); posteriore 190/55 ZR17M/C (75W).
  • Dimensioni
  • Interasse 1.545 mm, lunghezza 2.250 mm, larghezza 755 mm, altezza 1.220 mm, altezza sella 815 mm. Inclinazione del cannotto di sterzo 25- 30’. Avancorsa 101 mm. Capacità del serbatoio carburante 18,5 litri.

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