Valentino Rossi: Sandroni 125, alle origini della leggenda

Valentino Rossi: Sandroni 125, alle origini della leggenda

La prima moto da GP guidata in gara dal Dottore: un prototipo artigianale realizzato in un’officina di Pesaro

Jeffrey Zani

18.01.2024 ( Aggiornata il 18.01.2024 14:29 )

Sandroni 125: Valentino Rossi, le origini


Le Lire, dunque, le aveva messe sul piatto Sandroni. Ma come nacquero le due 125? “Il telaio e il forcellone erano opera mia, mentre il motore era un Rotax” il ricordo di Mancini. “Ci arrangiammo un po’, per esempio la carena venne realizzata da un ragazzo che lavorava con le barche. Fra noi ci fu un equivoco, a un certo punto. Gli avevo chiesto un’apertura nella parte superiore del codone per portare un po’ di fresco alla marmitta. Ma quando mi venne consegnato, il foro era girato dalla parte opposta, quindi fatto per l’aria in uscita. Pazienza. Ce lo tenemmo così”. Quella realizzata nella sua officina, composta da uno stanzone e un’area più piccola nella quale erano sistemati alcuni macchinari come tornio e fresa, era una ottavo di litro abbastanza diversa, rispetto alla Cagiva Mito guidata da Rossi fra le derivate di serie della Sport Production: “Il motore non soltanto era più potente, ma aveva un’erogazione completamente differente: quello del marchio di Varese era un lamellare, mentre il nostro era a disco rotante. Più veloce ma con un arco di utilizzo ridotto, quindi più complesso da sfruttare”.

In questo aspetto, il tecnico marchigiano rivestì il ruolo di tutor spiegando all’adolescente come gestire il motore e adattando la Sandroni ad alcune delle sue richieste: “Ricordo di aver inciso le estremità delle pedane con la lima per creare dei tagli, altrimenti gli scivolava il piede”. Altre volte, però, Mancini reagiva facendo di testa sua: “Capitava che gli dicessi di aver modificato la forcella come chiedeva, ma se pensavo che non fosse la cosa giusta, simulavo qualche operazione ma in realtà lasciavo tutto com’era…”.

Rossi non era solo, fra i piloti seguiti da Mancini. Insieme al quindicenne, che poteva imparare senza pressioni, c’era un ragazzo più grande e navigato, chiamato a portare a casa dei risultati. Si trattava di Manolo Omarini, che non deluse le aspettative vincendo un round dell’Italiano, al Mugello, e facendosi vedere davanti anche nell’Europeo. “La prima volta che guidai con Valentino fu a Misano, in una giornata di prove aperta a chiunque, anche agli amatori. Guido mi aveva chiesto di fargli vedere le linee giuste e cose di questo genere” ricorda Omarini. “Entrammo e facemmo qualche giro a passo tranquillo, poi ci fermammo per controllare la carburazione e tornammo in pista per tirare, con il mio miglior crono di mezzo secondo più veloce rispetto a quanto fatto nella precedente gara sul circuito romagnolo, nonostante il traffico dovuto alle tante moto presenti. Valentino non soltanto mi rimase incollato, ma a un certo punto mi infilò in frenata alla curva della Quercia. Poi andò lungo e non riuscì a girare, finendo fuori pista. Tirava già delle staccate bestiali. Appena rientrato ai box chiamai Guido in disparte e gli dissi la mia. Secondo me quel ragazzino era il nuovo Capirossi”.

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