Ripercorriamo la carriera di Roberts Jr., che si laureò campione vent'anni fa, 20 anni dopo il padre, regalando alla Suzuki il suo ultimo Mondiale
Kenny Senior non era un tipo facile da comprendere, ciò è risaputo. Più semplice era capirlo mentre guidava, in pista. Tuttavia, nel paddock, la sua camminata lenta e possente, le parole poche ma incisive, il carisma di colui che arriva da un mondo differente, lasciavano i segni.
Potente e ricco, dopo aver vinto gare e campionati, il Marziano allestì un team tutto suo, dove si entrava con requisiti piuttosto ricercati. Possibilmente americano, meglio se californiano, abile con la moto da dirt, concreto e non troppo rompi balle. Chi passava da lui, sfondava o era sfondato, nel senso che davvero poteva ottenere grandi risultati o bruciarsi del tutto.
Per capirci: le moto con cui Kenny & Soci si allenavano, avevano tutte la tabella porta numero con le lettere KR, Kenny Roberts, appunto. Non solo: quando diventò padre - tre volte - dette ai suoi figli nomi come Kenny Junior, Kurtis, Kristie. La fantasia non era il suo forte? Nossignori, tutto era calcolato e ben definito, come l’arrivo in Europa di Junior, voluto da papà per farlo entrare nel vero professionismo.
Così, dopo apparizioni fugaci - nel 1995 Kenneth Leroy Roberts Junior venne schierato dal suo vecchio nella 250GP, naturalmente, nel team di casa.
Per il neo arrivato, buoni piazzamenti e niente di più. Bè, ma almeno era ben pagato, vi verrebbe da pensare. Ecco la risposta del babbo, tratta da una intervista dell’epoca: “Soldi per mio figlio?! Quali soldi? Quando e se inizierà a vincere, di denaro ne avrà. Nel frattempo, lasciatelo imparare”. Ecco (quasi) tutto.
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