The Test: Yamaha GYTR, dalle corse ai clienti

The Test: Yamaha GYTR, dalle corse ai clienti

Il programma GYTR consente di elaborare la propria Yamaha come quella di Razgatlioglu, budget permettendo. Ecco la nostra prova al Paul Ricard

24.01.2023 ( Aggiornata il 24.01.2023 11:27 )

Il turno della R6


Dopo un paio di turni è già il momento di entrare con la R6, sportiva di un altro livello, se parliamo di prestazioni motoristiche. La potenza è decisamente superiore e le velocità in gioco cominciano a richiedere un utilizzo più intensivo dei freni. Che tuttavia, nel caso della GYTR, sono ben felici di rispondere ai comandi: come per la R7, anche sulla R6 l’impianto GYTR consente di togliere vagonate di km/h in pochi metri, e per molti giri.

L’impianto di serie, invece, alza bandiera bianca dopo pochi giri e risulta sempre un po’ spugnoso.

Il propulsore non è particolarmente più potente dell’originale ma con lo scarico aperto del kit (Akrapovic) è decisamente più libero di respirare e di spingere già dai regimi intermedi (la R6 di serie spinge esclusivamente agli alti regimi).

Rimane comunque una moto non facile da portare al limite tra i cordoli: occorrono polso e cuore per sfruttare tutta la sua incredibile stabilità in frenata e in ingresso curva, oltre alla naturale propensione del motore a girare alto.

Una moto stabile, rigida, leggera e che ama urlare a squarciagola tutta la sua cavalleria; nella versione GYTR è estremamente efficace e, paradossalmente, più facile da far andare forte (grazie soprattutto al motore più in forma nella zona intermedia). Ci sarebbe piaciuto avere un quickshifter bidirezionale (quello montato è attivo soltanto a salire), considerato che, equipaggiata con questo kit, la R6 arriva a costare all’incirca 25.000 Euro.

Passa alla prossima pagina

  • Link copiato

Commenti

Leggi motosprint su tutti i tuoi dispositivi