MotoGP: la favola di Enea Bastianini, dalle piscine alla Ducati ufficiale

MotoGP: la favola di Enea Bastianini, dalle piscine alla Ducati ufficiale

La storia del ducatista raccontata dai suoi genitori: "Amava i tuffi, infatti il suo soprannome era 'Pilotuffo', ma la sua strada era il motociclismo"

27.01.2023 ( Aggiornata il 27.01.2023 14:28 )

Dalle difficoltà alla Ducati MotoGP


Quell’amico si chiama Nevio Raggini, che dopo aver seguito Enea nelle Minimoto fece lo stesso nel Trofeo Honda: “Un’esperienza d’altri tempi. Con pochi soldi e una piccola tenda, affrontammo un campionato nuovo per entrambi, trionfando – dice Raggini – dopo quel titolo arrivarono i complimenti di Kevin Schwantz, che Enea ancora non conosceva: non ha mai cercato particolari riferimenti, né da bambino né ora. Mi hanno sempre impressionato la confidenza nei suoi mezzi, la mentalità e la calma: a volte in griglia di partenza sembrava che stesse per andare a mangiare un panino”.

“Una volta da bimbo si mise a contare con le mani in griglia – gli fa eco Emilio — quando gli chiedemmo cosa stesse facendo, disse ‘ripassavo le tabelline’”. Cose da Bastianini, che come tutti ha avuto i suoi momenti di difficoltà.

Bagnaia rischiò di uscire dal Circus a nemmeno 17 anni, dopo la prima stagione in Moto3 chiusa a zero punti. Fabio Quartararo sembrava in parabola discendente a 18, dopo la prima annata in Moto2, quando ancora non aveva vinto un GP.

Il caso strano di Bastianini è che il momento buio è arrivato a quasi 20 anni, dopo essere già stato vice campione del Mondo. Il 2017 in Moto3 è stato un flop: sbarcato nel Team Estrella Galicia di Emilio Alzamora – suo manager al tempo – dopo aver lasciato il team d’origine (Gresini Racing) con cui aveva ottenuto i primi successi, ha vissuto un’annata negativa, schiacciato dall’obbligo di primeggiare unito a un metodo di lavoro troppo distante dal suo carattere.

E così è arrivata una stagione senza vittorie, un momento difficile sia dentro che fuori dal box. “Le difficoltà – conferma Antonella – in quel caso sono state sia livello tecnico che umano, ma lo hanno portato a crescere tanto. Ha voluto gestire la situazione da solo, senza il nostro intervento, convinto di sapere cosa servisse fare”.

Una mossa decisiva, a metà di quella stagione, è stata la scelta di affidarsi a un califfo del paddock come Carlo Pernat, che oggi può orgogliosamente dire di aver visto fin da subito un pilota da MotoGP. “L’ho visto dal modo di guidare, da come gestiva le gomme sul finale e non soltanto. Sapevo che avrebbe espresso al meglio il suo potenziale in top class ma poi, come sappiamo, per vincere servono tanti fattori. Quando conobbi Enea nel 2017, era moralmente abbattuto, aveva addirittura perso parte della voglia di correre. La volontà era di metterlo in un altro team importante della Moto3 come Leopard, che lo ha ricostruito. In seguito ho cercato Giovanni Sandi, con il quale avevo lavorato, poi Alberto Giribuola: le scelte tecniche, con il titolo Moto2 con Italtrans e la progressione in MotoGP, sono state corrette, e gli hanno permesso di esprimere tutto il suo talento”.

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